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Cronaca

Agromafie: Pisa al 68° posto nel Rapporto Coldiretti

Anche se la nostra provincia non è particolarmente toccata dal fenomeno, per l'associazione non bisogna abbassare la guardia

L’agricoltura e l’agroalimentare sono un piatto 'goloso' per la criminalità organizzata. Nel 2016 ha fatto registrare un salto del 30% del volume d’affari a livello nazionale stimato in circa 21,8 miliardi di euro. La Provincia di Pisa si posiziona a metà classifica, al 68° posto nella speciale graduatoria dell’intensità provinciale del fenomeno agromafie nel settore agroindustriale subito dietro ad Arezzo (65°), Grosseto (66°) e Massa Carrara (67°).

A dirlo è il quinto Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti in collaborazione con Eurispes e l’Osservatorio sulla criminalità agroalimentare. La classifica è calcolata sulla base delle risultanze quantitative delle azioni di contrasto specifiche messe in atto dalle diverse forze dell’ordine per questo particolare aspetto criminale. Il livello di intensità mafiosa si concentra soprattutto nel centro-sud e la Toscana nel suo complesso si colloca su livelli medio bassi, quindi sotto la media nazionale: le prime due province sono Livorno e Firenze rispettivamente in posizione 38 e 39. Il rapporto prende in esame anche un altro indice di rischio, quello della permeabilità di un territorio alle agromafie (Ipa), in considerazione di caratteristiche intrinseche alla provincia stessa di ordine sia sociale, sia criminale, sia economico/produttivo. Pisa si colloca in fondo alla classifica con un indice del 13,19. Foggia, per fare un esempio, ha un indice di 100, Livorno, che è la prima provincia Toscana 19,51. “La nostra regione pur essendo abbastanza immune rispetto a questo fenomeno - dice Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Pisa - ha alcune caratteristiche che possono renderla appetibile per le organizzazioni malavitose che dispongono di risorse da investire in agricoltura. Oltre a questo il nostro territorio ha una immagine che si vende al mondo e la contraffazione dei prodotti made in Italy è sulle cronache quotidiane. Ben vengano quindi i controlli effettuati dalle forze dell’ordine che, nell’anno appena passato, sono stati oltre duecentomila in tutta Italia per combattere le agromafie dal campo allo scaffale”.

Dal Rapporto emerge come la filiera del cibo, dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, compresa la ristorazione, ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse delle organizzazioni malavitose. “Seppure la nostra regione e la nostra provincia vivano una situazione relativamente più tranquilla rispetto ad altre realtà, occorre non abbassare la guardia e continuare a contrastare il fenomeno agromafie a tutti i livelli, dai terreni agricoli alle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, fino alla fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale - sottolinea Aniello Ascolese, direttore Coldiretti Pisa - è per questo che servono la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto. Ma occorre anche vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento”. 

Per Coldiretti l’esigenza è quella di fermare i traffici illeciti, stringendo le maglie larghe della legislazione a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti e di rendere pubblici gli elenchi delle aziende che importano materie prime dall’estero per garantire meglio l’attività di controllo. “Al tempo stesso - conclude Ascolese - è necessario che il Governo prenda in esame in tempi stretti il documento elaborato dalla Commissione Caselli di riforma dei reati agroalimentari per una azione più stringente nei confronti di chi in modo criminale si infiltrata nelle filiere”.           

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