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Cronaca

Batterio 'New Delhi', allarme in Toscana: 31 i casi di infezione a Cisanello

Si tratta del nosocomio che ha fatto registrare il maggior numero di casi con un tasso di mortalità pari al 32%

Sono 31 le persone infettate dal batterio New Delhi che si sono rivolte per le cure all'ospedale di Cisanello. In dieci di questi casi i pazienti hanno perso la vita con un tasso di mortalità pari quindi al 32%. A rivelarlo è la Regione Toscana che sottolinea come il nosocomio di Cisanello sia quello in cui si "concentra il maggior numero di casi di infezione". Un dato, quello pisano, aggiornato alle ultime ore e che "si spiega - fa sapere la Regione - sia per la grandezza dell’ospedale, ma anche con la complessità delle patologie dei degenti ricoverati, che arrivano peraltro da tutta la Toscana".

Negli ospedali della Toscana i pazienti che dal novembre 2018 al monitoraggio di fine luglio sono stati infettati sono stati invece 64. La mortalità osservata finora nei casi infetti è di 17 su 44, pari quasi al 40%. La cautela nel comunicare il numero dei decessi, fanno sapere dagli uffici dell’assessorato regionale alla sanità, "è dovuta alle condizioni generali di questi pazienti: non è detto che la causa della morte sia stata necessariamente il New Delhi, le cause possono essere altre, oppure il batterio può essere una concausa. Il dato netto di causa-effetto sarà disponibile solo dopo una attenta analisi".

Dalla settimana prossima, la Regione, si legge in una nota "darà comunque costante comunicazione dei dati attraverso un monitoraggio continuo dei numero di portatori del batterio, degli infetti e dei decessi, presidio per presidio, allo scopo anche di contribuire ad una corretta informazione tesa ad adottare le misure di prevenzione, ovvero ridurre l’utilizzo non corretto di antibiotici. In questi mesi la Regione è stata in costante contatto con il Ministero della salute e l’Istituto superiore di sanità, e il tema è stato oggetto di confronto all’interno del tavolo regionale relativo al piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza, a partire da marzo 2019. E’ stata poi costituita una unità di crisi regionale con esperti in materia di infezioni. Prodotto di questo lavoro è stato il decreto con il quale sono state formalizzate le indicazioni operative già fornite a tutte le strutture sanitarie: indirizzi omogenei per la gestione dei pazienti colonizzati-infetti, comprese le istruzioni da fornire alla dimissione, i protocolli terapeutici e le indicazioni per la pulizia ambientale".

Il batterio fu scoperto nel 2009 in un paziente svedese che tornava dall’India, da qui il nome, particolarmente resistente agli antibiotici. E per questo, come altri microorganismi che hanno acquisito in alcune persone tale resistenza, dunque pericoloso: soprattutto in pazienti fragili, già colpiti da altre patologie o immunodepressi, come i sessantaquattro casi registrati.

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