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Cronaca Pratale / Via San Giovanni Bosco

Don Bosco, il Garante dei diritti dei detenuti: "Struttura da abbattere e rifare ex novo"

Diverse le criticità segnalate da Alberto Di Martino nel resoconto 2014/2016. Giovedì 16 marzo l'argomento verrà discusso in Consiglio Comunale

Una struttura fatiscente e in alcune sue parti "radicalmente illecita" che "andrebbe abbattuta e rifatta ex novo", in cui mancano strutture di cura per ospitare soggetti incompatibili con la detenzione, così come spazi adeguati per attività sociali e formative. Non solo. Carenza di organico. Sovraffollamento della popolazione carceraria. Mancanza di competenze (interpreti, mediatori culturali) per l’interazione con i detenuti stranieri.

Sono solo alcuni dei problemi segnalati dal garante dei diritti dei detenuti di Pisa, Alberto Di Martino, nel resoconto 2014/2016 per quanto riguarda il carcere Don Bosco. Resoconto che sarà discusso anche nella seduta di giovedì 16 marzo del Consiglio Comunale. "Le criticità sono molteplici - spiega Di Martino - a partire dalle condizioni della struttura che è stata realizzata negli anni '30 e che da allora non mai stata riqualificata nel suo complesso. Sono stati fatti alcuni interventi qua e là, ma non è con le toppe che si può risolvere la situazione. Il Don Bosco, per essere adeguato alla legge Gozzini del '75 (nata per valorizzare l'aspetto rieducativo della carcerazione rispetto a quello punitivo, ndr) andrebbe abbattutto e rifatto: pena il tradursi in un carcere a regime pre-democratico".

Nel suo complesso il carcere dovrebbe ospitare 226 detenuti. Alla fine del 2016 la popolazione carceraria era però di 277 reclusi. "La tendenza - si legge nel resoconto - appare dunque nuovamente verso il sovraffollamento". Inoltre, nonostante la struttura sia nata per accogliere "detenuti in attesa di giudizio o di sentenza definitiva" si registra una netta predominanza di chi il giudizio lo ha già ottenuto (187) rispetto a chi ancora è in attesa (90).

A questa problematica se ne somma un'altra. "La carenza di organico - prosegue Di Martino - soprattutto per quanto riguarda l'area educativa ma non solo". Una penuria di personale che si riflette anche sull'attività dei volontari che in carcere assistono i detenuti, "che possono entrare solo fino alle 15 - spiega Di Martino - perchè dopo quell'ora manca il personale necessario a garantire la loro sicurezza". Inadeguato, secondo il garante, anche l'atteggiamento "securitario e particolarmente rigoroso" tenuto dalla direzione carceraria e dalle guardie penitenziarie, un atteggiamento "motivato dal loro punto di vista ma che non può certo andare bene".

Il reparto penale fa inoltre registrare problemi di natura igienico sanitaria. "Si è venuta a creare una situazione - afferma Di Martino - abbastanza scandalosa. Negli anni scorsi si è infatti iniziato a costruire una struttura esterna al centro diagnostico terapeutico. Nei progetti doveva essere una nuova area del centro clinico. L'azienda costruttrice è però fallita nel corso dei lavori che sono quindi stati interrotti. L'area è stata abbandonata e si è trasformata in una sorta di palude determinando problemi igienici e di umidità anche per quanto riguarda la parte del reparto penale che si trova vicino a quest'area. Problemi certificati anche dalla Asl con documento che dichiara inagibile parte del reparto".

Piuttosto critica la situazione delle detenute. Secondo il garante la struttura della sezione femminile è in parte "illecita" perchè "in contrasto con le norme di ordinamento penitenziario". In particolare questo per quanto riguarda i sanitari che, situati all'interno delle celle, sono però separati solo da un muretto che non impedisce alle detenute di essere viste durante i loro bisogni. Nessun bidet è inoltre dotato di erogazione di acqua calda. Una situazione di illiceità che riguarda anche i servizi igienici dell'area dei detenuti in semilibertà dotati di toilette alla turca "non separata dal vano camera".

"Credo inoltre - afferma ancora Di Martino - che la quasi totalità della sezione femminile potrebbe essere trattata con misure alternative alla detenzione. Si tratta purtroppo di un problema che non riguarda solo la popolazione carceraria femminile, nè solo il Don Bosco, ma di un problema sistemico: l'assenza di strutture di cura e di collegamento con i servizi territoriali, per chi soffre di dipendenze o di problemi psicologici o psichiatrici".

Criticità anche per quanto riguarda il 'rapporto' con detenuti stranieri che rappresentano la maggioranza della popolazione penitenziaria pisana (164 a 113). Una situazione che generera diversi problemi pratici. Innanzitutto da un punto di vista linguistico. La mancanza di adeguate competenze (interpreti, mediatori culturali) e dotazioni strumentali (sussidi linguistici) rende infatti difficile l’interazione con il gran numero di detenuti stranieri, molti dei quali conoscono appena l'italiano, così come la comprensione dei propri diritti e della propria posizione giuridica.

Un aspetto particolarmente delicato riguarda i detenuti deceduti. Tra l'estate 2014 e la fine del 2016 sono infatti stati 6 i decessi, di cui due suicidi e 4 naturali. In un caso di presunto suicidio (era l'estate 2015) fu anche avviato si legge nel documento "un procedimento penale nei confronti di alcuni membri dello staff sanitario della Casa circondariale". "Il caso riguardava una ragazza - spiega Di Martino - che si sarebbe suicidata. I suoi genitori non hanno però mai creduto a questa versione". Nel corso del 2017 i decessi sono invece già stati due. "L'ultimo - conclude Di Martino - nel mese di febbraio. Si trattava di un detenuto morto dopo essere stato trasferito dal carcere di Siena al centro clinico del Don Bosco. Anche in questo caso è stato aperto un procedimento per accertare eventuali responsabilità da parte degli operatori di Pisa o di Siena".

Il garante auspica infine un "maggiore collegamento" tra il carcere, la società civile, le istituzioni (principalmente il Comune) e i privati. Questo per raggiungere diversi obiettivi tra cui: trovare fonti di finanziamento, aumentare la sinergia con i servizi territoriali e l'assistenza in uscita e rendere strutturale l'offerta di lavoro di percorsi socialmente utili.

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