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Cronaca

Potenziamento di Camp Darby, il Parco: "Lasciati soli, resta l'amaro in bocca"

Ecco le misure di attenuazione e di compensazione chieste dall'Ente per la ferrovia che arriverà direttamente dentro Camp Darby

"Il Parco ha fatto il massimo, ma dobbiamo riflettere su cosa devono essere i parchi oggi". Sono le parole del presidente del Parco di Migliarino Massaciuccoli e San Rossore, Giovanni Maffei Cardellini, in merito alle compensazioni richieste e ottenute dall'ente come opere di mitigazione in vista del potenziamento della base militare statunitense di Camp Darby. Diciassette ettari di habitat compensati rispetto ai quasi 8 coinvolti dagli interventi; 5727 sono gli alberi che vengono ripiantati contro i 937 abbattuti; 63 sono gli edifici demoliti con conseguente rinaturalizzazione di 9 ettari di terreni. Questi sono i dati principali che riguardano le compensazioni ambientali richieste.

I lavori distruggeranno 7,63 ettari di suolo causando disturbo nelle fasi di cantiere per una superficie stimata di 38 ettari. L’infrastruttura,
lunga circa 2,5 km, è costruita su un terrapieno di altezza variabile rispetto al suolo e taglia foreste periodicamente allagate e su foreste su rilievi paleodunali. I costi sono a carico del progetto finanziato dal Governo degli Stati Uniti d’America e assommano a 1,8 milioni di euro per i lavori di restauro ecologico e a 150mila euro per i monitoraggi.

Le misure proposte sono atte a compensare alcuni di questi aspetti degradati come la frammentazione degli habitat naturali. "Abbiamo svolto il nostro ruolo nell’ambito delle competenze che ci sono state assegnate dal Comipar - ha commentato il presidente del Parco, Giovanni Maffei Cardellini - il comitato che ha deciso l’intervento di Camp Darby. Siamo sicuri di averlo svolto bene e con coscienza, ma resta un sapore amaro difficile da digerire. La decisione del Comipar di approvare un progetto di tale dimensione senza consultare in via preventiva e in modo più attento il Parco e gli altri enti territoriali - ha proseguito nella sua analisi Maffei Cardellini - ci ha lasciati soli di fronte ad interventi complessi e di difficile gestione, anche nei confronti dell’opinione pubblica".

"Per tutti noi del Parco - ha continuato Cardellini - è risultato assai difficile capire il progetto e i vari interventi. La totale mancanza di elaborati architettonici e di disegni che evidenziassero l’inserimento nel contesto territoriale e paesaggistico delle opere, ha reso molto difficile una nostra valutazione degli effetti sulle vedute dai principali punti di vista e il conseguente impatto sulle aree boscate. Com’è facile immaginarsi, rispondere alle normative di sicurezza per uno dei più grandi depositi di armi d’Europa, ha significato progettare l’area di manovra degli esplosivi in un punto sufficientemente distante da non raggiungere, in caso di incidente esplosivo, abitati e luoghi dove vivono o lavorano le persone. Non si è potuto fare un tracciato più breve, ci è stato spiegato, si è dovuti arrivare nel cuore del bosco, dove trova la Lama di Leccio Torto e non può che tagliarla".

Giovanni Maffei Cardellini, a questo punto, invita però a riflettere su quale sia il ruolo dei Parchi. "Molti al Parco chiedono di essere una risorsa per il turismo, un certificato di qualità per l’intero territorio, di andare a pulire quello che migliaia di turisti e di persone buttano nei boschi e nelle spiagge, di mantenere il patrimonio edilizio: naturalmente senza spendere. L’occasione di Camp Darby diventa quella di una riflessione su cosa vogliamo dai Parchi. Risorsa o discarica, area privilegiata per investimenti o riserva di aree libere da erodere più o meno lentamente? Un parco non è solo un luogo eccezionale, un lusso per la comunità, ma il modello di un assetto del territorio adeguato ai nostri tempi. Perché tutti hanno il diritto di vivere in un parco, nell’aria pulita, di passeggiare in un bosco, non solo i miliardari o chi manovra gli esplosivi"

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