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Occupazioni a scuola: l'intervento della Conferenza dei Dirigenti Scolastici della provincia di Pisa

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Il tema della cittadinanza è da sempre un tema cruciale per la scuola di un Paese democratico, perchè una delle sue finalità riguarda la formazione di cittadini responsabili, attraverso la cittadinanza e per la cittadinanza, promuovendo l’apprendimento e le abilità necessarie per partecipare alla vita della scuola e della comunità locale e per assumersi costruttivamente le relative responsabilità. L’educazione alla cittadinanza, alla pace, alla solidarietà, alla convivenza, ai diritti umani ci propongono valori che devono però essere coerenti tra il pensare e l’agire, anche nel caso di proteste . Dobbiamo dire in tutta sincerità che non può essere condivisibile la forma dell’occupazione, decisa nella quasi totalità dei casi da un pulviscolo di studenti, e per questo violatrice di valori e principi democratici. Nella sostanza poi gli studenti occupanti (nella maggioranza dei casi) non hanno neanche fatto conoscere le proprie rivendicazioni, da internet ai volantini, dai comunicati stampa alle petizioni, o attraverso contatti diretti con gli interlocutori di riferimento. Un motivo ricorrente di protesta è apparso legato alle strutture, agli edifici scolastici non idonei o alla difesa della scuola pubblica; abbiamo invece assistito agli “attacchi” e alle devastazioni vandaliche di “incappucciati” (non in tutti i casi) che hanno prodotto solo ingenti danni alle scuole e alla didattica. Occorre prendere atto che questo rito conformista, rispetto al passato, ha assunto delle forme preoccupanti, antitetiche rispetto ai valori che la scuola promuove, pericolosissime per il futuro. Ci riferiamo ai volti coperti dai cappucci neri, ad estranei che hanno fornito un “vademecum per l’occupante”, ai danni ingenti alle strutture e alle attrezzature, alla partecipazione alle occupazioni di ragazzi quattordicenni. Quanto sopra ci induce a pensare che nella dualità endogena responsabilità-emozione, quest’ ultima abbia avuto il sopravvento sugli studenti, per vivere il momento, esserci, superare il limite dato dal sistema, trasgredire, appropriarsi di qualcosa che si ritiene possa appartenere. La scuola pubblica, per definizione, non è proprietà né dei dirigenti, né degli insegnanti, né degli studenti: il “proprietario” è la collettività, che fissa le regole per poterne usufruire. È questo che ne fa un servizio pubblico, a disposizione di tutti nel rispetto di quelle regole. In questo senso nessuna delle componenti della scuola ha diritto di appropriarsene, per qualunque motivo, e di impedirne l’uso ad altri. La difesa della scuola pubblica e del suo prestigio passa anche da questa consapevolezza, che deve orientare i comportamenti di tutti, incluse le forme di protesta degli studenti. Ribadiamo quindi la nostra disponibilità e il nostro interesse a far sì che gli studenti trovino nella scuola l’opportunità di esprimere le loro idee e far conoscere le loro richieste, ma come dirigenti scolastici abbiamo il dovere di garantire il rispetto delle regole che governano la comunità scolastica, cioè le leggi dello Stato e i Regolamenti di Istituto, di tutelare il diritto allo studio di tutti gli allievi e di preservare l’integrità e la funzionalità delle strutture scolastiche.

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