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Cronaca

Gino Meneghetti: l'Arsenio Lupin pisano che conquistò il Brasile

In occasione del mondiale di calcio un libro di Andrea Schiavon, giornalista di Tuttosport, ricostruisce la storia del 'ladro buono' nato a Vicopisano. Un personaggio incredibile, cresciuto nella Pisa di fine XIX secolo

Che Pisa fosse terreno fertile per personaggi di portata mondiale lo si sapeva, ma che fra questi ci fosse anche un signorile ladro acrobatico era difficile immaginarselo. Gino Meneghetti, nato a Vicopisano il primo luglio 1888, è passato alla storia come il bandito italiano più ricercato di sempre in Brasile. Le sue peripezie, fra furti e fughe dai penitenziari, coinvolgono tutto lo stato carioca e in particolare San Paolo, trovando per la prima volta una raccolta italiana nel libro “Il buon ladro” del giornalista sportivo Andrea Schiavon (add editore).

L'infanzia fu pisana, passata dentro e fuori il riformatorio che a quel tempo era il convento trecentesco San Silvestro. Vi entrò per la prima volta a 11 anni. A 16 anni emigra in Francia, a Marsiglia, e viene subito arrestato per porto d'armi illegale. Rispedito in Italia per la leva, si finge pazzo per evitarla e arriva al frenocomio di Volterra. Da qui fugge ancora, gira la Svizzera, l'Austria, per poi scappare da una galera in Corsica saltando da una scogliera di 25 metri. Dopo un colpo a facoltosi industriali in un hotel di Cannes e qualche altro mese di carcere a Pisa decide che è tempo di cambiare aria: Brasile.

E' qui che diventa il 'Gatto dei tetti'. I media paulisti seguiranno le sue imprese e il popolo lo amerà, vedendo in lui un reazionario indomabile, un irriverente Davide contro gli opulenti Golia dell'alta società. Sbarcato nel 1913, colpo dopo colpo diventa un'icona, come quando dopo aver ripulito la casa di una ricca baronessa lascia un biglietto dove si firma e invita la signora a trovare un gioielliere migliore. Nel 1926 sarà la caccia all'uomo più grande della storia di San Paolo a fermarlo, dopo mesi in cui Meneghetti, a cui prima avevano arrestato la moglie e sottratto i due figli, aveva sfidato ed irriso le forze dell'ordine con messaggi a mezzo stampa.

In un misto di italiano e portoghese, in una di queste lettere scrisse: “Il rubo costituisce una legittima difesa […] tiro appena il superfluo da una casa o da un ricco appartamento. Si fa quel che si può quindi lasciatemi calmamente rubare e non allarmateri! Continuate pure le vostre isibizione a l'avenida su i vostri lussuosi carri”. Albert Camus, che nel 1950 si trovava in Brasile per il mondiale, chiese di incontrarlo in carcere. Al termine della visita, quando lo scrittore francese fece per andarsene, chiese a Meneghetti se potesse fare qualcosa per lui. La risposta, dopo 14 anni di galera, fu: “Un buon sigarillo è sufficiente. Niente altro, grazie”.

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