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Profughi libici occupano Centro Accoglienza: "Vogliamo solo lavorare, nessuna elemosina"

Incontro con le associazioni e i migranti libici, che dal 1 marzo occupano il centro accoglienza della Croce Rossa, chiuso dopo le direttive del Governo. Africa Insieme e Rebeldìa avanzano nuove proposte

Continua la protesta e la lotta dei migranti libici, che da domenica scorsa hanno occupato il Centro Accoglienza della Croce Rossa in via Pietrasantina, chiuso per precise direttive del Governo, che ha deciso di tagliare i fondi di sostentamento per i profughi di guerra.

In Italia più di 20 mila persone si sono viste allontanate dai centri con un assegno di 500 euro, da poter impiegare come sostentamento personale per i primi tempi. A Pisa le persone che si trovano in questa situazione sono 22: ragazzi che hanno alle spalle storie di guerra e vite difficili, che non sanno dove andare ma vorrebbero continuare a stare in Italia o in città, potendo contare su un lavoro e una propria indipendenza economica.

Centro accoglienza occupato: incontro con i migranti (Foto Piras | Pisa Today)

A sostenere la loro lotta ci sono le associazioni di Africa Insieme, Rebeldìa, Unione Inquilini, attivisti e studenti della facoltà Scienze della Pace. Un gruppo di persone che da sempre operano nel sociale e che hanno spiegato, punto per punto, tutta la vicenda esponendo anche le controproposte da portare all'attenzione delle amministrazioni e della cittadinanza.

"Come abbiamo già detto, il periodo di accoglienza garantito ai profughi di guerra è scaduto il 28 febbraio - spiega Sergio Bontempelli di Africa Insieme - Dovrebbe essere un fatto positivo se nell'arco dei due anni, le istituzioni competenti avessero portato avanti dei percorsi, in grado di dare un'autonomia lavorativa e abitativa a queste persone. Invece la Croce Rossa ha speso 600 mila euro per allestire un campo profughi che è una discarica a cielo aperto, 'parcheggiandoli' senza occuparsi di una loro integrazione".

"Questi ragazzi sono abbandonati a sé stessi e non hanno nessuna garanzia per il loro futuro - prosegue Bontempelli - i 500 euro di 'buonuscita' sono sufficienti solo per qualche settimana. Oltre l'occupazione vogliamo lanciare una proposta: ristrutturare il campo di via Pietrasantina, togliendo i container e bonifcando l'intera area, in modo da poter costruire uno spazio per l'emergenza abitativa di migranti ma anche dei pisani stessi, dato che la città sta vivendo un periodo delicato da questo punto di vista. I ragazzi mettono a disposizione la loro mano d'opera e il progetto non graverebbe sulle tasche di Comune e cittadini, ma per svilupparlo abbiamo bisogno di confrontarci con l'amministrazione che finora ci ha chiuso le porte in faccia".

Di uguale avviso Francesco Auletta per Rebeldìa, che esprime le sue preoccupazioni sul futuro dei migranti e della protesta: "Non vogliamo assolutamente che l'occupazione si trasformi in un problema di ordine pubblico, dato che è una manifestazione pacifica e di importanza sociale. Ma è mai possibile che a Pisa non si trovino 22 tirocini per questi ragazzi? Noi continuiamo la nostra lotta e aspettiamo che i sindacati si uniscano a noi".

"Ho conosciuto i ragazzi 2 anni fa - afferma Fabio Ballerini, studente di Scienze per la Pace - e io come altri li abbiamo aiutati in un percorso di integrazione sociale, perchè quello previsto dalle istituzioni è ridicolo: 4 ore alla settimana per imparare l'italiano e poi basta. La loro giornate sono alienanti, ad oggi solo 6 di loro hanno la possibilità di svolgere un tirocinio a San Rossore, anche se non sappiamo ancora tempistiche, scadenze etc. C'è molta disorganizzazione e indifferenza da parte degli organi competenti su questo argomento. Parliamo di ragazzi che nella loro vita hanno dovuto affrontare molti problemi, perdendo affetti e amici. In questi anni si sono uniti  diventando una grande famiglia, non li si può mandar via senza nessuna umanità e certezza per il loro futuro".

Dopo le parole dei rappresentanti delle varie associazioni, a parlare sono proprio i ragazzi libici che timidamente spiegano come vorrebbero impegnarsi in qualcosa di concreto, trovare un lavoro e guadagnarsi libertà e indipendenza. Da domenica, giorno dello sgombero, continuano a stare nel centro accoglienza della Croce Rossa con i materassi per terra, senza mobili e beni di prima necessità. In questo periodo le cucine e il cibo sono offerti e messi a disposizione da Rebeldìa e Africa Insieme.

Anche Unione Inquilini sostiene i diritti dei profughi dal punto di vista legale, spiegando che in questo caso la loro occupazione non è perseguibile penalmente e non può essere considerata un reato perché sono spazi che già in precedenza erano stati assegnati a loro per motivi di gravità internazionale, come la guerra in Libia, e quindi tutelati dalla Costituzione italiana.

"Una delle risorse più importanti per queste persone - conclude Bontempelli - è una giusta informazione dei fatti, sapere cosa sta avvenendo realmente, dire la verità e aiutare chi ne ha veramente bisogno".


 

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