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Cronaca

Volontariato 'buono' e volontariato 'cattivo': ci scrive un cittadino preoccupato

Francesco ci ha inviato una lettera di riflessione sulla recente decisione di affidare la cura del patrimonio culturale pisano all'associazione Amici dei Musei. Ecco cosa afferma il nostro lettore

Il 15 febbraio il Municipio dei Beni comuni ha riaperto alla cittadinanza l'area dell'ex caserma Curtatone e Montanara, nel quartiere San Martino: dodicimila metri quadri chiusi da vent'anni, di proprietà del Demanio, quindi pubblica per antonomasia. Lo ha fatto né per mestiere, né per profitto: possiamo quindi, per definizione, inserire il gesto nella categoria del “volontariato”. A Pisa c'è però volontariato e volontariato: al Municipio si rifiuta un incontro con i capigruppo in Consiglio comunale sulla base di una preclusione per gli “occupanti illegali”, ma al contempo una (una!) associazione di volontariato viene convocata alla chetichella in Prefettura per firmare con le istituzioni cittadine un protocollo sulla tutela dei beni culturali e artistici.

Pisa ha infatti un tessuto sociale e associativo vasto e vivace, nel quale sembra però esserci  volontariato “buono” e volontariato “cattivo”, dove cattivo è tutto quello che non rientra nei disegni dell'Amministrazione comunale, mentre chi vuole uscire dalle secche dell'underground deve per forza, in varia misura, scendere a patti con i potentati cittadini; e magari saper fare un buon marketing di sé stessi e della propria organizzazione (non di rado monocratica e con cariche assegnate a vita), anche affollando la posta dei lettori dei quotidiani locali con editoriali sull'universo mondo, oppure nominandosi “Amici di...”, come se l'asserita amicizia desse una sorta di titolarità sull'amicato e al contempo chi non è fra gli “amici di” fosse da ritenere “nemico di”...
Se nelle istituzioni ormai l'esternalizzazione dei servizi e gli appalti al massimo ribasso sono la norma, con il loro carico di peggioramento sia delle condizioni di lavoro sia dei servizi ai cittadini, qui si arriva all'apoteosi: una sorta di appalto a costo zero (e senza gara).
Ma la tutela del patrimonio artistico e culturale è compito da affidare a encomiabili hobbysti che vi dedicano il loro tempo libero? E se un giorno i volontari non hanno volontà o non hanno tempo libero? E come si scelgono le associazioni? Perché una viene convocata e altre no? Quali garanzie ci sono sulla professionalità, sulle competenze, sui controlli?
Oppure la “tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione” è compito precipuo e statutario della Repubblica, tanto da essere inscritta nella Costituzione (art. 9)?

Proprio in una città che forma ogni anno professionalità competenti, in un paese in cui la disoccupazione giovanile si aggira sul 40%, si decide, ai massimi livelli istituzionali, con una Prefettura che travalica senza precedenti il suo ruolo, di affidare il patrimonio artistico a volontari. E' importante però che non passi nell'opinione pubblica, al di fuori delle cerchie di specialisti, il principio “meglio i volontari di nulla, e fanno anche risparmiare”. Proviamo a usare un paradosso: stante il noto affollamento del Pronto Soccorso, accettereste, in caso di problemi urgenti di salute, di essere curati per la vostra minima manutenzione non da medici professionisti, ma da volontari di una ”Associazione Amici del Pronto Soccorso” che avesse firmato un'intesa con le istituzioni?
L'Assessore alla cultura Dario Danti, sorprendentemente non convocato alla summenzionata riunione, si è detto “perplesso” riguardo all'intesa firmata. Una simile posizione non può che lasciare l'amaro in bocca: la riunione è stata convocata su proposta del Sindaco, il protocollo è stato firmato dall'Assessore al patrimonio Serfogli, tutti membri della Giunta di cui lo stesso Danti fa parte. Da un assessore che si esprime su materie di sua competenza pare lecito attendersi qualcosa di più forte e concreto di una semplice perplessità espressa a posteriori, che rischia di sembrare una captatio benevolentiae degli astanti. Purtroppo il degrado dei beni culturali pisani non è figlio solo del passare del tempo e dei tagli dei governi centrali, ma anche di una politica cittadina che ha finora privilegiato i grandi eventi, le grandi mostre, le grandi kermesse, le grandi passerelle, nonché antistorici revival che nel tentativo di evocare passati fasti hanno inevitabilmente l'esito grottesco e provinciale di trasformare Pisa in una sorta di Disneyland fintomedievale; non pare che fra Pisa città dei primati, festival, capitali della cultura e tagli di nastri resti spazio per il concetto che la cultura è fattore di crescita civile per tutti e patrimonio di ogni cittadino da valorizzare ogni giorno – al di là delle sterili dicotomie “con la cultura non si mangia / si mangia”.

Il protocollo approvato a Pisa senza neanche essere stato discusso negli organi collegiali né del Comune né dell'Università, che pure ne sono firmatari, va ritirato e annullato senza indugio, e va aperta una ampia discussione sullo “stato dell'Arte”, nel senso letterale del termine, in una città che prima si candida a capitale europea della cultura e subito dopo firma un documento in cui proclama l'emergenza riguardo alle condizioni del proprio patrimonio. In Italia le emergenze, vere o più spesso presunte, sono storicamente l'occasione per farsi beffe delle regole e mettere a tacere le critiche. L'auspicio che conclude l'intesa, ovvero che questa possa “costituire un modello allargato a scala sia regionale che nazionale”, è motivo in più per opporvisi e bloccare sul nascere questo modello di agire prima che a qualcuno venga in mente di imitarlo: è un primato che Pisa non merita.
 L'”Ecce Homo” di Borja, in Spagna, veglia severo su qualunque volontario volesse incautamente metter mano sull'arte...

Francesco Stea
Medico, dottorando dell’Università di Pisa, cittadino preoccupato

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