Vita notturna: cinque mosse per sconfiggere la malamovida
E' stato chiesto un vertice tra le città universitarie-turistiche per cercare di porre un freno al degrado e agli eccessi. Tra i rimedi l'aumento della videosorveglianza, dure sanzioni e percorsi di partecipazione
"Non ci vogliamo arrendere, anche se a volte c’è di che essere scoraggiati. Come quando vediamo gli sfregi fatti alla piazza dei Cavalieri, nonostante la sua bellezza e gli investimenti di valorizzazione realizzati. Le città che vivono il fenomeno della malamovida, del caos notturno, frequentate da tanti giovani e da tanti turisti, sono state lasciate sole da governi nazionali e parlamento a vivere una pesante mutazione. I cittadini hanno diritto ad avere risposte. Insieme al prefetto Attilio Visconti abbiamo promosso un’iniziativa nuova. Al prefetto di Firenze Alessio Giuffrida è stato proposto di convocare e coordinare un tavolo permanente, per varare, sostenere e monitorare provvedimenti sui diversi versanti. Coinvolgendo anche la Regione e le Università. Con Firenze, che vive ogni notte i nostri problemi, avevamo da tempo discusso di condividere azioni. Anche Siena è coinvolta, perché ha iniziato a vivere criticità notturne. Il sindaco Bruno Valentini è d’accordo". Così il sindaco di Pisa Marco Filippeschi che riferisce della discussione fatta e delle decisioni prese nell’ultima riunione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza, richiesto e convocato per fare il punto sui provvedimenti contro la malamovida.
"Di certo dobbiamo affrontare il lato culturale e sociale. Facendo percorsi di partecipazione e d’interlocuzione. Coinvolgendo i cittadini dei quartieri interessati e le circoscrizioni. Cercando un dialogo, con personale esperto. Come a Pisa abbiamo cercato di fare con lo spazio di piazza Sant’Omobono. Anche se è poi difficile creare alternative con eventi permanenti o ripetuti. Perché costano e hanno gravosi oneri organizzativi. Non ci tiriamo indietro - aggiunge Filippeschi - e per questo chiediamo un sostegno alla Regione e alle Università. E’ forse semplicistico pensare che abitudini radicate si superino dando qualche alternativa, luoghi diversi, più decentrati. Ma dobbiamo provarci. E ogni istituzione deve metterci impegno, patrimonio e risorse. I Comuni, da soli, possono fare poco. Confido che il tavolo reginale ci aiuti a dare un impulso nuovo".