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Cronaca

Sos Antibiotici: come combattere le resistenze batteriche

Mancano nuove molecole e la ricerca farmaceutica langue. Gli infettivologi: "L’unica strada percorribile è nell’associazione combinata di vecchi farmaci e nell’alto dosaggio"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Di resistenza dei ceppi batterici agli antibiotici si parla da tempo, di inappropriatezza e abuso delle prescrizioni mediche anche, ma forse solo qualche cifra è in grado di rendere il quadro di quella che si sta delineando come la nuova emergenza sanitaria dell’era post-moderna, ossia la mancanza di farmaci antibiotici in grado di sconfiggere i nuovi microrganismi che si stanno diffondendo sul pianeta. Solo in Italia si stimano 400mila casi l’anno di infezioni contratte ad esempio in ambito ospedaliero, con una spesa a carico del servizio sanitario nazionale pari a 1 miliardo di euro. La letalità in questi casi si aggira intorno al 5-10%. Che fare, allora? Come giustificare il fatto che nell’era della chirurgia mini-invasiva, dei robot e dell’occhio bionico si continui a morire perché le penicilline, le cefalosporine, le tetracicline, i sulfamidici non funzionano più? Come proteggere soprattutto i pazienti cosiddetti ‘fragili’, con esiti da interventi chirurgici importanti e ricoverati nelle terapie intensive, dal rischio di setticemie o infezioni polmonari per le quali oggi non esistono più baluardi farmacologici inviolati? E’ una vera emergenza sanitaria, tanto più aggravata dalla globalizzazione che favorisce il libero scambio/incrocio di ceppi batterici, che danno vita a nuovi micro-organismi resistenti mentre la ricerca farmacologica su questo settore è ferma al palo.

“Stiamo tornando paradossalmente all’era pre-antibiotica – dichiara il Dott. Francesco Menichetti, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’Aoup – perché i germi patogeni hanno progressivamente sviluppato resistenze ai farmaci e oggi, specie in ospedale, circolano microbi non sensibili agli antibiotici a disposizione. Il rischio concreto è quindi che le infezioni ospedaliere da germi multi resistenti risultino letali anche per mancanza di antibiotici. E perché mancano? Perché da vent’anni l’industria farmaceutica non investe più nella ricerca antimicrobica in quanto poco redditizia. Inoltre occorrono almeno 10 anni per giungere alla fase di registrazione, prima di immettere il nuovo antibiotico sul mercato. E un terzo aspetto è che il prodotto ha costi contenuti e viene usato per brevi periodi. Ecco che l’industria farmaceutica preferisce investire allora nella ricerca di nuovi farmaci antivirali come gli anti-retrovirali o gli anti-epatitici, in quanto sicuramente più costosi e soprattutto utilizzati su pazienti cronici”.

Ma la ricerca del profitto da parte delle case farmaceutiche non è la sola ragione alla base della carenza di farmaci antibiotici. “Il paradosso odierno – prosegue il Dott. Menichetti – è che la resistenza agli antibiotici è diventata espressione diretta del loro utilizzo. Vale a dire che tanto più se ne usano, tanto più i germi patogeni semplici si adattano al nemico, mutano e resistono ai suoi effetti. In pratica un antibiotico se da un lato genera beneficio per il singolo paziente, uccidendo l’agente patogeno che genera l’infezione, dall’altro genera resistenza in quanto l’intera flora batterica muta a seguito della pressione antibiotica esercitata. E questo si verifica soprattutto in ospedale, dove i germi patogeni circolano più facilmente da un paziente all’altro e dove il trattamento di un’infezione nosocomiale come una polmonite richiede spesso un approccio multidisciplinare, che coinvolge l’infettivologo, lo pneumologo, il radiologo, il microbiologo, il farmacologo e, nei casi più gravi, anche il rianimatore o il chirurgo”.

Per non parlare poi dell’abuso di antibiotici e del fenomeno sempre più diffuso delle cure fai-da-te, con soggetti che assumono gli antibiotici che hanno in casa senza il parere del medico, o per trattare infezioni virali, o dell’uso non terapeutico degli antibiotici come promotori della crescita in agricoltura. L’uso eccessivo di antibiotici come la penicillina e l’eritromicina ha cominciato a registrare resistenze già dal 1950. Fra le forme più diffuse di uso improprio di antibiotici c’è ad esempio l’uso eccessivo nella profilassi dei viaggiatori; in caso di prescrizione medica, la mancata presa in considerazione del peso del paziente e della storia del precedente uso di antibiotici, dal momento che entrambi i fattori possono influenzare fortemente l’efficacia di una prescrizione di cura; il mancato rispetto della posologia, il mancato riposo per il recupero sufficiente a consentire la liquidazione dell’organismo infettante.

Qual è la via d’uscita da questa nuova emergenza sanitaria? “Dal momento che in commercio non esistono nuove molecole – conclude il Dott. Menichetti – bisogna fare con quello che c’è, un po’ come andare a rovistare nel baule della nonna, recuperare gli abiti vintage e riadattarli. Tradotto in linguaggio medico significa attuare una vera e propria rivoluzione nella ricerca clinica, basandosi sull’osservazione degli effetti sui pazienti dell’associazione combinata fra vecchi farmaci antibiotici, con la variante dell’aumento del dosaggio sotto stretto controllo. Si tratta di raccogliere una casistica di risultati analizzando tutti gli aspetti, clinici, microbiologici e farmacologici di un determinato “cocktail” farmaceutico, basandosi sull’evidenza scientifica di essi. E’ l’unica arma a disposizione della clinica in questa fase, oltre a un investimento maggiore di risorse nel controllo delle infezioni ospedaliere”.

“Il fenomeno delle infezioni da germi multi resistenti ha una rilevanza internazionale – spiega il Dott. Fabrizio Gemmi, direttore sanitario dell’Aoup -. Di fronte a condizioni cliniche severe e di difficile trattamento, l’arma più efficace è rappresentata dalla prevenzione. Si tratta di una materia complessa e, al di là di affermazioni di carattere superficiale, riveste aspetti che richiedono attenzione dedicata e costante da parte di tutti i professionisti: medici, infermieri, farmacisti prima di tutto. Le armi di cui disponiamo per interrompere le catene di contagio sono l’osservanza di comportamenti corretti da parte degli operatori e dei visitatori degli ospedali, l’adozione di protocolli di cura sicuri e di tecniche appropriate, e l’orientamento alla sicurezza e all’ergonomia nella progettazione degli edifici e degli apparecchi sanitari”.

Intanto da oggi, lunedì 21 novembre, fino al 23, si terrà la VI edizione del Corso avanzato di terapia antibiotica, consueto appuntamento annuale sulle infezioni da microrganismi multi resistenti, organizzato dal Dott. Menichetti all’Hotel San Ranieri, dal titolo: “Il trattamento delle infezioni difficili”, cui interverranno numerosi specialisti del settore su un argomento che è diventato una vera e propria emergenza sanitaria.

 

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