Tagli uffici postali, Pisa la provincia più colpita: 11 chiusure e 4 riduzioni
Il piano industriale di Poste Italiane sarà operativo in 60 giorni e vedrà chiudere nel pisano 11 uffici, con altri 4 che avranno giorni di apertura ridotti. Denunciati dai sindacati futuri disagi per cittadini e lavoratori, appello alla mobilitazione
Una riorganizzazione che invece è un taglio selvaggio, per arrivare ad una quotazione in borsa che nulla considera delle ricadute sociali ed occupazionali. Le segreterie regionali e provinciali dei sindacati promettono battaglia e chiedono alla politica di fare la propria parte per fermare il declino a cui il servizio universale delle poste è destinato, se continuerà sulla strada intrapresa con il recente piano industriale, che prevede per la Toscana la chiusura per 63 uffici e per altri 36 la riduzione delle giornate di apertura. La provincia di Pisa è la più colpita, con 11 esercizi in smantellamento e 4 in razionalizzazione.
Nel dettaglio chiuderanno entro i prossimi 60 giorni i punti di: Corrazzano (San Miniato); Ghizzano di Peccioli; Legoli (Peccioli); Luciana (Fauglia); Marti (Montopoli); Soiana (Terricciola); Treggiaia (Pontedera); Uliveto Terme (Vicopisano); Castelmaggiore (Calci); Ponteginori (Val di Cecina); San Giovanni alla Vena (Vicopisano). Passeranno da 6 a 3 giorni di apertura: Montecatini Val di Cecina; Monteverdi Marittimo; Orciano Pisano; Capanne (Montopoli).
Nella conferenza stampa indetta alla Camera del Lavoro il segretario generale Slc Cgil Stefano Del Punta è stato molto chiaro: "Non è un piano industriale, è solo una riduzione dei costi operata di imperio e senza valutazioni condivise". Scelta dannosa e non lungimirante: "Oltre a colpire i cittadini, soprattutto anziani, che vivono nei paesi più periferici dove gli uffici postali sono spesso l'unico punto presente per accedere ai servizi, si fa l'opposto di ciò che servirebbe: non si ammodernano le dotazioni e si lascia più spazio alla concorrenza. La forza di Poste è la sua presenza capillare nei territori, in questo modo si smantella l'azienda".
Dure critiche al piano industriale di Poste da parte di Patrizia Scacciati, segretario Cisl Poste Pisa: "Impattano molti aspetti, questa riorganizzazione taglia e non prevede un riequilibrio del servizio: dove si chiude non sono previsti metodi per assorbire il lavoro maggiore che gli altri uffici aperti dovranno sopportare, causando così un abbassamento della qualità, un maggiore stress per i lavoratori e la fuga di clienti. Vengono chiusi uffici che avevano eccellenti risultati e che vincevano premi per questo, come Ponteginori. Così l'azienda perde mercato".
La collocazione dei lavoratori degli uffici chiusi e razionalizzati è un altro problema. Seppure è stata assicurata la loro riassegnazione nel comune di riferimento, ci sono casi dove ciò è impossibile, poiché gli altri uffici sono già saturi di personale. "C'è poi la mobilità da rispettare – spiega ancora Scacciati – l'attuazione dei tagli sul territorio non è stata minimamente considerata. Chiederemo ai sindaci di organizzare dei mezzi per permettere ai cittadini di raggiungere gli uffici che resteranno aperti".
"E questo è solo l'inizio – aggiunge il segretario aggiunto Cisl Davide Di Biase – perché queste sono le riduzioni del piano 2013/2014, poi verranno quelle del 2015. Sono 4000 gli uffici che devono chiudere da qui al 2019. Il Governo non da i soldi per assicurare il servizio universale nei paesi più disagiati e Poste si comporta come un'azienda che punta agli utili. Dal nuovo amministratore delegato non ci sono segnali di innovazione o cambio di direzione".
I sindacati hanno già scritto ai sindaci dei comuni interessati per discutere di come rispondere congiuntamente a questa emergenza. Intanto Andrea Pieroni, candidato al consiglio regionale, segue la linea del dissenso e afferma che "dobbiamo mantenere i servizi essenziali affinché il territorio non si sgretoli, non si spopoli ulteriormente e possa rimanere vissuto e abitato. Lo Stato e la politica devono trovare insieme una soluzione funzionale al mantenimento di questi territori, non si può ridurre tutto ad una logica di numeri".