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Beni culturali: tassello per l'economia, ma le imprese non lo sanno

Secondo un'indagine della Camera di Commercio su 500 imprese pisane, c'è ancora poca consapevolezza del valore dei beni culturali: solo il 50% delle aziende si sente partecipe della creazione del patrimonio culturale

Il settore culturale rappresenta un caposaldo dell’economia della provincia di Pisa. Considerando le attività dei settori dei beni ed attività culturali e dell’industria culturale, la provincia di Pisa si colloca infatti al 6° posto, a livello nazionale, in quanto a peso del valore aggiunto sul totale dell’economia provinciale. Il “settore cultura” della provincia di Pisa vale infatti 2,1 miliardi di euro in termini di valore aggiunto, circa un quinto del totale dell’economia provinciale, e occupa oltre 45mila addetti: il 23,7% del totale degli occupati in tutta la provincia.

Ciononostante, la percezione di essere protagoniste della valorizzazione del patrimonio culturale da parte delle imprese è ancora limitata. L’indagine, condotta a fine 2011 su ben 500 imprese del settore, evidenzia come solo il 50% dichiari di sentirsi partecipe della creazione del patrimonio culturale. Si tratta di un’indicazione che trova conferma anche nei dati sul fatturato: più della metà delle aziende ritiene infatti, tanto nel 2010 quanto nel 2011, che la quota di fatturato riconducibile alla valorizzazione dei beni culturali non superi il 10% del proprio giro d’affari complessivo.

Sul versante delle criticità, gli elementi che più di altri ostacolano la crescita delle attività collegate alla valorizzazione del patrimonio culturale in provincia di Pisa sono l’insufficienza dei finanziamenti al settore culturale (segnalato dal 58% delle imprese) ma anche la scarsa valorizzazione da parte delle istituzioni (evidenziata dal 32%). Per superare queste criticità le aziende pisane chiedono di sviluppare politiche per la tutela del patrimonio culturale (nel 40% dei casi), di mettere in campo incentivi per una maggiore cooperazione tra le imprese del settore (il 32%) e di favorire i contatti tra aziende e mondo accademico (il 21%). Colpisce, ed è forse l’elemento su cui è più urgente intervenire, come ad un ruolo rilevante assegnato dalle imprese al rapporto con scuole e centri di formazione (lo segnala il 28% delle imprese) corrisponda invece una quota limitata che con queste intrattiene frequenti relazioni (solo il 17%).

Altro elemento critico è quello dell’apertura all’estero. Solo il 5% delle aziende del settore dei beni culturali dichiara di avere come principali clienti operatori stranieri. E’ la piccola dimensione, a questo proposito, ad essere indicata come il principale motivo della bassa propensione di rapporti con la clientela straniera. L’analisi settoriale, a questo proposito, fornisce alcune indicazioni interessanti per programmare interventi di policy. Ad avvertire l’ostacolo della dimensione aziendale sono soprattutto le imprese del settore turistico (il 65%), mentre considerano poco esportabili le proprie produzioni soprattutto le imprese attive nel settore dei beni e delle attività culturali (il 24%).

Il sistema culturale ha comunque resistito alla crisi. Nonostante che i tagli di spesa abbiano determinato, in molti dei settori collegati alla valorizzazione del patrimonio culturale, riduzioni significative del fatturato, è positivo rilevare come il 42% delle imprese intervistate segnali, nel corso del 2010, una stazionarietà del proprio volume d’affari ed il 39% dichiari di aver addirittura beneficiato di un aumento. Anche per il 2011 la maggioranza delle imprese (il 56%) segnala un’invarianza del proprio giro d’affari mentre si riduce al 28% la quota di coloro che hanno registrato una crescita del fatturato.

Sono questi i principali risultati dell’indagine che la Camera di Commercio di Pisa ha affidato all’Istituto Tagliacarne di Roma, seguendo l’impianto di un analogo lavoro realizzato per il Ministero per i Beni e le attività Culturali e Unioncamere Nazionale.

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