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2 giugno: tutti in Piazza dei Miracoli per la Festa della Repubblica

Filippeschi: "Ringrazio il Presidente Napolitano che, nel legare la Festa della Repubblica alle celebrazioni per il 150° dell'Unità d'Italia, ci aiuta a ricordare che siamo un grande paese che non deve arrendersi a nessuna miseria del presente e deve riprendere a costruire il suo futuro"

I sindaci dei comuni, le più alte autorità civili e militari dell’area pisana hanno reso omaggio ieri alla proclamazione della Repubblica all'ombra della Torre Pendente, luogo simbolo della città. La festa si è svolta sotto lo sguardo ammirato di migliaia di persone che hanno affollato la piazza per assistere alla cerimonia.

Ecco l'intervento del sindaco di Pisa Marco Filippeschi

Sono passati sessantacinque anni da quel due giugno 1946 in cui i cittadini italiani – e per la prima volta le cittadine italiane – furono chiamati ad esprimersi sui fondamenti del nuovo Stato che si andava formando quale frutto della Resistenza, della lotta di Liberazione, dopo la catastrofe della guerra voluta dal fascismo e l’abominio dell’Olocausto dovuto al razzismo dei fascismi, e ad eleggere i Deputati all’Assemblea Costituente che avrebbe elaborato il Testo della  nostra legge fondamentale.

La memoria e la consapevolezza del valore di quel giorno e di come e perché a quel giorno si giunse è ben presente, dobbiamo essere capaci di trasmetterla ai giovani, insegnando loro la storia, sensibilizzandoli con intelligenza e coinvolgendoli in una discussione non retorica. Con questa ispirazione a Pisa   dal prossimo 5 settembre ricorderemo, ogni anno, l’emanazione delle “leggi razziali” italiane contro gli ebrei, che avvenne a San Rossore nel 1938, ad opera del Re per ordine di Mussolini: per non dimenticare mai come i fascismi ebbero dalla nascita anche il carattere distruttivo del razzismo e come il razzismo sia ancora oggi una grave minaccia nel mondo globalizzato.
Ai giovani va trasferito un patrimonio, una preziosa eredità, perché attraverso la condivisione della propria storia una società si unisce, ha consapevolezza di sé e dei propri compiti.

Non sono mancate anche in questi giorni, voci dissonanti, stridenti nel tentativo di mortificare l’importanza di questo giorno e del suo significato. Pisa condanna chi vuole svalutare questa memoria e chi ha tentato di farlo verso il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia, ricevendo dai cittadini, così coinvolti, in tutto il paese, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, la risposta più chiara. 
Pisa è grata al Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi per aver riportato, nell’anno duemila,  la festa della Repubblica al giorno della sua naturale cadenza e al Presidente Giorgio Napolitano per aver legato la celebrazione di quest’anno al 150mo dell’Unità, invitando nella capitale rappresentanze degli Stati ai più alti livelli, legando in uno stesso percorso due momenti della nostra storia costituiva che hanno tra di loro importanti nessi e legami, esprimendo con ciò, a tutto il Paese, il senso alto e solenne della ricorrenza odierna. L’adesione che l’invito del nostro presidente ha ricevuto dice della considerazione di cui l’Italia ancora gode grazie al lavoro impeccabile di chi la rappresenta al Quirinale. E ci ricorda che siamo un grande paese che non deve arrendersi a nessuna miseria del presente e deve riprendere a costruire il suo futuro, fiero della sua storia migliore e degli uomini e delle donne che l’hanno impersonata. 

Il due giugno del 1946, si portarono a compimento idee maturate durante il Risorgimento, condivise dalle forze della Resistenza, volute come realizzazioni concrete dal popolo italiano che si pronunciò, allora, per la Repubblica.
Si posero le basi della Repubblica una e indivisibile, cominciò il lavoro che avrebbe portato alla nostra Costituzione, ancora oggi validissima, che individua i doveri e i diritti dei cittadini e dà gli indirizzi per la loro effettiva realizzazione.
Quegli indirizzi oggi ci sono indispensabili, per risollevare il paese da una grave crisi che è economica e sociale, ma anche morale e di fiducia e che mette in gioco la coesione della comunità nazionale; per affrontare la grande e determinante questione del futuro dei giovani, della loro formazione e della loro lavoro; per colmare gli squilibri tra i territori anche esaltando la loro autonomia; per affermare il nostro ruolo nella competizione globale.

Le nostre aspirazioni hanno un orizzonte più ampio che si chiama Europa e un obiettivo che si chiama democrazia. Nessuna della sfide che stanno davanti a noi può essere affrontata al di fuori di questa prospettiva. 
Nessuno più di noi italiani può essere convinto, perché all’idea di Europa hanno dato un contributo fondamentale le nostre menti migliori: si pensi a Giuseppe Mazzini, protagonista europeo del Risorgimento – che celebreremo con il restauro e il rilancio della nostra Domus Mazziniana – ad Altiero Spinelli, antifascista ed europeista di straordinaria levatura e alla lungimiranza di Alcide De Gasperi.

La democrazia è ancora un obiettivo perché la difesa intransigente della legalità repubblicana, dell’equilibrio fra i poteri dello Stato sancito dalla Costituzione, il rispetto delle leggi e delle regole di civile convivenza, la difesa della libertà effettiva dell’informazione, devono essere l’orizzonte necessario e imprescindibile entro il quale collocare istanze e comportamenti. Questo vale in un paese ancora esposto all’aggressione delle mafie, a fenomeni estesi d’illegalità che penetrano anche la sfera pubblica. E per questo nessun presidio dimostratosi essenziale all’opera del potere giudiziario, delle forze dell’ordine e degli apparati dello Stato dev’essere indebolito. Una volta di più ci guidano e ci sorreggono le parole del Capo dello Stato che chiede al Parlamento impegno e coesione per le riforme istituzionali troppo a lungo attese – anche quella, fondamentale, del Parlamento, con l’istituzione del senato federalista, delle regioni e delle autonomie locali – che difende l’autonomia del potere giudiziario e gli istituti di garanzia della legalità, che chiede d’improntare l’azione di chi ha responsabilità pubbliche a trasparenza e sobrietà.
Alle nostre Forze armate e a chi serve lo Stato per garantire la legalità oggi va la nostra più grande considerazione e riconoscenza e c’inchiniamo al sacrificio di tanti nello svolgimento della loro missione. 

La festa di oggi, che è di gioia perché ricordiamo i momenti fondativi del nostro stato libero e democratico, e di speranza perché troviamo in essi ragioni così attuali, sia dunque l’occasione per costruire e rafforzare quella fiducia di cui l’intero paese ha bisogno.

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