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"Vogliamo connettere il mondo con la luce", a Pisa una donna guida la rivoluzione della fotonica

Intervista a Antonella Bogoni, tra i responsabili del progetto PhotonHub Europe

Circ 20 milioni di euro per studiare la fotonica e avvicinare le sue applicazioni al mondo industriale: è il progetto PhotonHub Europe, finanziato da Horizon 2020. Coinvolge una cinquantina di partner in tutta Europa, in Italia sono il CNR, Consorzio Nazionale interuniversitario per le Telecomunicazioni, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Confindustria Toscana e le due principali aziende toscane del settore,  El.En spa (prima ditta italiana di tecnologie laser) e Leonardo.

“La fotonica è una tecnologia analoga all’elettronica, con la differenza che l’elettronica manipola gli elettroni, mentre la fotonica sfrutta i fotoni, cioè quantità più piccole di luce, quindi di energia”, spiega Antonella Bogoni, docente di Telecomunicazioni dell’Istituto di Tecnologie della Comunicazione, dell'Informazione e della Percezione alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. “In questo modo manipola l’informazione, e infatti si dice che è abilitante per le comunicazioni”, aggiunge. L’elettronica è anche più matura della fotonica, nel senso che lo sviluppo di questa nuova disciplina ha iniziato a essere comune solo a partire dagli anni Sessanta, con la propagazione delle fibre ottiche, il mezzo cioè in cui la luce si propaga meglio.

La fotonica lavora in due campi: in quello delle comunicazione e in quello della sensoristica. Sono due elementi alla base di quasi tutte le applicazioni che ci circondano, dalle comunicazioni in senso più stretto (come internet, per esempio) alla medicina, dal monitoraggio ambientale all’automotive, dallo spazio all’agricoltura: quasi tutto quella che conosciamo necessita di connettività, specialmente negli ultimi anni in cui tutto è connesso, non solo le persone ma soprattutto le macchine. “Con il futuro 6G si punta a un modello in cui le persone sono connesse alle macchine e le macchine tra di loro”, spiega Bogoni. “Questo ha delle conseguenze non solo sulla connessione vera e propria, ma anche a livello di fabbriche dove sempre più attività sono controllate dall’uomo da remoto ed eseguite in autonomia dalle macchine”.

E qui entra in gioco la sensoristica: per connettersi alle macchine l’uomo deve vedere cosa sta succedendo, e per farlo non serve solo un mezzo per trasportare l’informazione ma anche modo per leggere questa informazione. I sensori trasformano in dati digitali i dati forniti dall’ambiente, come la temperatura, la posizione di un oggetto rispetto a un altro, il livello di stress meccanico. “I sensori basati sulla fotonica possono essere die due tipi” spiega ancora Bogoni. “Quelli distribuiti, quindi basati sulla fibra ottica che è stesa e ci permette di monitorare i parametri che ci servono lungo tutta la sua lunghezza: è molto utile per esempio per rilevare la presenza incendi”.

Poi esistono sensori puntuali, che funzionano come i radar, mandando cioè un impulso di luce che colpisce un oggetto, che a sua volta rimanda indietro una parte di e fornisce immagini di se stesso, per esempio dove si trova, a quanta velocità si muove e così via. La fotonica infine sfrutta l’energia della luce per fare delle azioni, come tagliare: sia tagli di precisione usati in medicina o nelle applicazioni industriali, sia tagli di metalli duri. “È una disciplina nata per le comunicazioni quando è stata scoperta la capacità della fibra ottica di trasportare la luce - continua Bogoni - Poi però è cresciuta, e ora fa parte del quotidiano”.

Questo progetto ha l’obiettivo di promuovere la fotonica in tutti i suoi aspetti, avvicinando la ricerca e i suoi risultati più all’avanguardia al mondo industriale. Come tutte le tecnologie non ancora mature la fotonica si usa per le comunicazioni, ma in altri ambiti è ancora in fase di prototipizzazione, e serve uno sforzo per avvicinare ricerca e applicazione industriale, in modo da portare un beneficio economico alle aziende di tutta Europa. Essendo focalizzato sulla fotonica in generale e non su uno specifico campo di applicazione, sarà utile per tutte la filiere produttive in cui può avere un ruolo. “In Toscana abbiamo coinvolto realtà di varia natura - dice Bogoni - dal nostro centro studi che si occupa di comunicazione al campo militare di Leonardo”.

L’obiettivo è duplice: fare training, cioè far conoscere la fotonica e formare delle persone nelle aziende, e rendere la tecnologia accessibile, soprattutto per fotonica miniaturizzata che è lo sforzo principale negli ultimi decenni. Il futuro della disciplina vede infatti il passaggio da  componenti grossi come scatole a circuiti integrati, su pezzi molto piccoli di silicio o di altri materiali ecosostenibili. Fare ciò implica avere a disposizione infrastrutture complesse e costose, per cui se un’azienda ha maturato l’idea di usare la fotonica ha difficoltà a trovare le fonderie che sviluppano questi chip integrati. “Vogliamo costruire nuove fonderie e mettere in rete quelle poche giù presenti in Europa, tra cui una a Pisa, perché siano a disposizione delle aziende, anche per consumare meno spazio e risorse. Il progetto finanzierà anche questa linea”, spiega Bogoni.

“Progetti come questo sono importanti per la ricerca, che se non è applicata al e supportata dal mondo industriale ha poche possibilità di andare avanti”, spiega Bogoni. In particolare la fotonica è una disciplina dalle numerose possibilità, e quindi con le più varie applicazioni economiche. “È fondamentale avvicinare le istituzioni, avviare un dialogo e sensibilizzarle su questa tecnologia, che è alla base di quella digitalizzazione su cui è imperniato il PNRR e di cui abbiamo visto la necessità durante la pandemia”, aggiunge la docente. In questo campo l’Italia non è all’avanguardia, e ha molto terreno da recuperare.

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