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Cronaca Santa Croce sull'Arno

Fatture 'finte' e soldi 'in nero' nel settore conciario: terremoto nel Comprensorio del Cuoio

Maxi operazione della Guardia di Finanza, con 17 persone denunciate e 13 società coinvolte. Sequestrate somme per oltre 740mila euro.

Cartiere per acquisti fittizi e merce 'in nero' per frodare lo Stato. Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pisa, diretto dalla locale Procura della Repubblica, ha chiuso un'indagine di un anno incentrata principalmente sul settore conciario pisano: gli atti finali parlando di 17 persone denunciate per 13 società coinvolte, con l'esecuzione di oggi, 21 marzo, di 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 3 arresti domiciliari, 2 obblighi di dimora e 14 sequestri preventivi di somme per un importo complessivo di oltre 740mila euro.

Le aziende coinvolte dello schema di frode ipotizzato operano tutte nel settore della produzione e commercio all’ingrosso di cuoio e di pelli gregge e lavorate. Sono localizzate soprattutto nel Comprensorio del Cuoio della provincia di Pisa, ma anche in Campania, Marche e Veneto. Rilevante lo sforzo investigativo delle Fiamme Gialle: sono state impiegate intercettazioni telefoniche, intercettazioni tra presenti, videoriprese, appostamenti ed incroci delle risultanze delle banche dati in uso al Corpo.

I riscontri avrebbero individuato un meccanismo fraudolento in ordine a reati di natura penal-tributaria, tra cui l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L'intera operazione porta il nome di 'Vorrei la pelle a nero'.

Stando a quanto rilevato dalle attività tecniche d'indagine, spiega la Finanza, l’organizzazione criminale destinataria dei provvedimenti era imperniata su un sistema di società che effettuavano da un lato operazioni commerciali di merce reale, tendenzialmente 'a nero', ossia senza fattura, dall'altro operazioni meramente cartolari, supportate da fatture oggettivamente inesistenti e fittizi documenti di trasporto. Tali documenti erano emessi nei confronti dei clienti richiedenti e movimentati anche grazie al coinvolgimento di autotrasportatori compiacenti. Le finte forniture venivano pagate a mezzo bonifico o con emissione di ricevute bancarie, a cui seguiva la puntuale retrocessione in denaro contante delle somme pagate dal cliente, al netto di una 'provvigione', cioè l’illecito profitto trattenuto dal soggetto emettitore, di importo variabile tra il 3% e il 10% dell’imponibile della fattura.

Oltre a questa soluzione burocratica fraudolenta, c'era anche la questione denaro contante: i soldi necessari per tali restituzioni venivano reperiti in vari modi, dai proventi delle vendite a nero, alla complicità di una famiglia di imprenditori di origini siriane, o grazie ad altri soggetti compiacenti localizzati in Campania. Sempre secondo la Finanza, tramite queste condotte, i destinatari ultimi dei documenti falsi ottenevano notevoli illeciti vantaggi, tra cui un’indebita detrazione dell’Iva, la contabilizzazione di un costo a decremento del reddito d’impresa e una cospicua somma di denaro in contanti, la quale, fraudolentemente sottratta alla società, veniva rimessa nelle mani dell’imprenditore ed utilizzata per i fini più disparati.

L'attività di controllo delle Fiamme Gialle pisane è volta al contrasto di questi meccanismi fraudolenti che causano un rilevante danno per le società concorrenti del mercato: le imprese che operano legalmente, infatti, subiscono una pressione fiscale nettamente maggiore, con conseguente impossibilità di offrire beni allo stesso prezzo delle società coinvolte nel disegno criminoso.

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