Giustizia: flash mob della Camera Penale contro le nuove norme del reato di tortura
Gli avvocati hanno manifestato contro l'approvazione in Senato del nuovo articolo 613 bis del Codice Penale
Flash mob della Camera penale di Pisa la mattina del 26 giugno in Piazza Mazzini per manifestare il proprio dissenso contro l'approvazione del nuovo art. 613 bis da parte del Senato riguardo il reato di tortura. La mobilitazione raccoglie l'invito dell'Osservatorio Carcere dell'UCPI, con l'intezione di denunciare le "storture introdotte sulla previsione originaria della norma".
Lo slogan è 'Mi hanno torturato SOLO un po'', il quale campeggia su spille e magliette. Il ricavato della loro vendita sarà devoluto in beneficenza per l'acquisto del materiale sanitario per gli istituti di pena.
LE MOTIVAZIONI GIURIDICHE. "Nonostante i suggerimenti giuridici dell'Unione - spiega la Camera in una nota - il Senato ancora una volta non è stato capace di creare uno strumento di prevenzione e repressione dei frequenti fenomeni di 'tortura' perpetrati dai pubblici ufficiali nei confronti di persone detenute o in stato di inferiorità. E' invece evidente, come abbiamo avuto spesso modo di osservare, che questa norma sia stata frutto di un compromesso dettato dall'esigenza di soddisfare un fastidioso obbligo sovranazionale, sotto la spada di Damocle della Corte EDU".
"Il testo di legge - proseguono gli avvocati - approvato dal Senato dopo i vari rimpalli prevede il reato di tortura come 'comune', quindi realizzabile da chiunque e non ha accolto la previsione di 'reato proprio' che avrebbe posto l'accento sull'operato dei pubblici ufficiali. In quest'ultimo caso, è stata ipotizzata solo una circostanza aggravante, con un conseguente aumento di pena (da 5 a 12 anni), facilmente ridimensionabile se bilanciata con le circostanze attenuanti; sarebbe stata sufficiente la previsione, casomai, di una aggravante specifica in re ipsa non bilanciabile. Il Senato ha inoltre introdotto un emendamento per il quale il reato non sussiste 'nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti'. La parola 'sofferenze' è assolutamente in contrasto con 'legittime misure' ed è concreto il rischio che in tal modo si continui a tutelare il regime del 'carcere duro' che nella prassi è considerato appunto 'legittimo'".