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Cronaca

Gelateria De' Coltelli sul tetto d'Italia, Gianfrancesco Cutelli e il successo: artigianalità e comunicazione

Grande qualità, ma soprattutto tante idee ed attenzione ai clienti. Incoronata da Dissapore come la migliore gelateria artigianale del Paese andiamo alla scoperta dei suoi segreti insieme al titolare

Il miglior gelato artigianale d'Italia si mangia a Pisa e per la precisione alla De' Coltelli. Questo dice la classifica di Dissapore delle 100 migliori gelaterie del Paese pubblicata nei giorni scorsi. Aperta nel 2004 negli anni è diventata tappa fissa per tantissimi studenti ed appassionati, diventando una vera e propria istituzione cittadina. 

Sono tantissimi i riconoscimenti e le citazioni lusinghiere nelle guide, basta dare uno sguardo alla porta d'ingresso. Ma dove sta il segreto del successo? Basta saper fare del buon gelato per raggiungere questi risultati? Evidentemente no. A spiegarci (fra un assaggio e l'altro) quella che più che una direzione imprenditoriale sembra una filosofia di vita è il titolare, Gianfrancesco Cutelli.

Migliore gelateria artigianale d'Italia, un bel traguardo...

"Sì, non me lo aspettavo. Nel 2013 eravamo 5°, nel 2014 4° e quest'anno primi. Fa molto piacere perché fra i tanti premi e classifiche quella di Dissapore è la più riconosciuta dai gelatieri. Appena è uscita mi hanno chiamato tanti colleghi con cui si è creata una rete di appassionati a questo mestiere".

A proposito di rete, siete molto attivi su internet ed i social network...

"Merito di una ragazza che ha lavorato qua ed ora ci segue per i social. Cerchiamo di coinvolgere i clienti. Per dire, stiamo progettando il nuovo sito, anche in inglese, ad abbiamo pensato di farlo invece in più lingue. Lanceremo così una petizione on-line: paghiamo in gelato chi ci traduce i testi, in qualsiasi lingua o dialetto. Oppure lanceremo un sondaggio per ottobre, quando avremo a disposizione vari tipi di cioccolato, per vedere i preferiti dei clienti. L'obiettivo è creare una comunità intorno alla gelateria, ed è un modo anche per divertirsi".

Tutto è partito però nel 2004, con scelte coraggiose...

"10 anni fa produrre con prodotti locali, stagionali e naturali, era una scelta in controtendenza. Facevamo la raccolta differenziata fin dall'inizio, per dire. Lo stesso vale per il bancone con i pozzetti. Ci dicevano 'siete pazzi, la gente vuole vedere il gelato!'. Ero convinto di questa direzione e ha pagato: oltre alla migliore conservazione abbiamo cambiato l'abitudine dal vedere all'assaggiare il gelato. Produrre artigianale ha senso solo se lo comunichi. Chi lavora da me ad esempio sa come sono fatti i gelati. Oltre ad informare su intolleranze etc si riesce così a trasmettere il valore del prodotto di qualità, a far capire la differenza che c'è. Per questo facciamo assaggiare anche se c'è fila, è un rapporto col cliente che voglio sia sempre mantenuto".

Artigianato di qualità e comunicazione insieme?

"Sì, i clienti al giorno d'oggi sono più attenti e consapevoli. La gelateria classica è sempre attenta al bambino, con gusti forti e colorati, mentre l'utente per noi è più sensibile al biologico, è un cliente più 'preparato'. Devo dire comunque che abbiamo anche tanti estimatori piccolissimi. Il 'target' è la mamma, ma se i bambini con il loro palato molto sensibile assaggiano e si abituano poi dicono che i gelati tradizionali sono cattivi".

E' un danno la concorrenza?

"Sono mercati diversi. Io faccio il gelato che piace a me. Tanta gente in Italia si è affidata a prodotti preparati, si è persa un po' l'abilità di fare il gelato. Ognuno fa quello che vuole e non c'è una definizione di gelato artigianale, ma sono cose diverse. Mi da fastidio se vengono equiparate".

C'è abitudine al gusto standard preconfezionato?

"Gente assaggia il gusto limone e basilico e si stupisce che sappia di basilico. C'è scritto! (e ride). Abbiamo la nomea di avere gusti strani, ma come vede su 25 gusti totali fra gelati e granite sono 5 un po' più particolari, abbiamo tante cose classiche ed anche qualche abbinamento più curioso. Scrivi la provenienza accanto al gusto e il risultato è 'ooh', se invece trovi in giro puffo, alga o uomo ragno è normale".

Il cuore del gelato resta però la qualità degli ingredienti, il sapore...

"Certamente. Ad esempio noi usiamo prodotti locali, come il pinolo di San Rossore, e lo usiamo a crudo, per esaltare il suo vero sapore. Lo stesso per i pistacchi, a crudo perché tostato è più forte e copre i difetti, così se ne usano meno per dare il gusto. Noi preferiamo il gusto vero e li prendiamo dalla Sicilia per la qualità. Le stecche di vaniglia pure le prendiamo da Tahiti, ma perché è da lì che viene la migliore del mondo secondo me. Non c'è niente di strano insomma, ma se dici la provenienza... 'oooh'. Aggiungo che lavoriamo tanto anche con le granite. La granita vera, quella di una parte della Sicilia, è fatta con frutta, acqua e zucchero, non sciroppo".

Già, le granite, perché forse tutto è partito da lì...

"Sì, ho la passione per le granite e mi sono sempre chiesto perché non ci fosse la tradizione oltre la Sicilia. Così parlando con amici, dopo aver sempre lavorato nell'ambito della ristorazione, alla fine abbiamo aperto e un po' alla volta la cosa ha funzionato".

Lei infatti è un pisano d'adozione...

"Padre siciliano, madre marchigiana ed ho vissuto a Roma, per poi trasferirmi a Pisa 45 anni fa perché mia nonna si sposò con un pisano. Ho fatto le scuole qua, ho tanti amici. Mi sento pisano per certi aspetti, ma in città di pisani ce ne son pochi. Ma è anche un valore aggiunto, Pisa è un po' come il Brasile, un melting pot che a puntarci può essere una grande ricchezza. Tanti nostri clienti sono studenti e gente che poi si è fermata qua".

Dal 2012 avete aperto anche a Lucca, con buoni risultati. Che intenzioni per il futuro?

"Intanto dal 16 al 20 settembre abbiamo il festival del gelato a Palermo, lo Sherbeth, e poi saremo ad Expo il 4 ottobre al padiglione del cioccolato. Sono belle occasioni, soprattutto perché incontro colleghi e posso assaggiare cosa fanno gli altri, alla fine ci si conosce tutti ed è un modo per imparare ed aggiornarsi sempre. Lo faccio anche in vacanza. Devo dire che all'inizio l'idea di espandermi e fare una specie di catena c'era, ora però preferirei aprire in posti diversi, che so, Siviglia piuttosto che Parigi. Contesti diversi, nuove sfide. Una scelta meno economica e più di pancia, che io preferisco. Chissà, vedremo".

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