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Cronaca

Gelosia: individuata l’area del cervello responsabile della cosiddetta “sindrome di Otello”

L’innovativo studio dei ricercatori dell’Ateneo pisano pubblicato su una rivista della Cambridge University Press

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

La gelosia delirante a cui sono associati comportamenti aggressivi come lo stalking, il suicidio o l’omicidio sarebbe legata ad uno squilibrio di una specifica area del cervello. E’ questo il risultato di uno studio condotto da un team di ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa e recentemente pubblicato sulla rivista CNS Spectrums della Cambridge University Press. Secondo gli autori dell’articolo - Donatella Marazziti, Michele Poletti, Liliana Dell’Osso, Stefano Baroni e Ubaldo Bonuccelli - le radici neuronali della cosiddetta “sindrome di Otello” si troverebbero nella corteccia frontale ventro-mediale, un’area del cervello che sovrintende complessi processi cognitivi e affettivi.

“Abbiamo elaborato un modello teorico – spiega Donatella Marazziti – basato sull’osservazione clinica dei pazienti affetti da schizofrenia, alcolismo e morbo di Parkinson nei quali sono molto comuni le manifestazioni di gelosia delirante, in particolare nei soggetti che soffrono di morbo di Parkinson e che sono curati con farmaci che incrementano la produzione di dopamina”.

“L’indagine empirica delle basi neurali della gelosia è solo all’inizio e ulteriori studi sono necessari per chiarirne le radici biologiche”, avverte Donatella Marazziti. Se infatti la gelosia è un sentimento del tutto naturale, il punto è individuare lo squilibrio biochimico che trasforma questo sentimento in un’ossessione pericolosa. Pensare che la relazione con la persona amata sia l’unica cosa importante della propria vita, interpretare erroneamente i comportamenti e i sentimenti del partner e percepire la sua perdita come una totale catastrofe sono ad esempio sintomi che alla fine possono portare a comportamenti aggressivi ed estremi.

“La speranza – conclude Donatella Marazziti - è che una maggiore conoscenza dei circuiti cerebrali e delle alterazioni biochimiche che sottendono i vari aspetti della gelosia delirante, possa aiutare ad arrivare ad un’identificazione precoce dei soggetti a rischio”.

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