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Cronaca Pontedera

Carenza di personale all'ospedale di Pontedera: la lettera di un'infermiera esausta

Turni massacranti che vanno a ripercuotersi sulla sicurezza dei pazienti: è ciò che viene denunciato in una lettera di un'infermiera in forze al blocco operatorio, un reparto al centro delle polemiche da parte del sindacato

Dopo i disagi denunciati per quanto riguarda la carenza di personale al blocco operatorio dell'ospedale 'Lotti' di Pontedera e il braccio di ferro con l'azienda Asl, gli infermieri hanno inviato una lettera aperta indirizzata alla cittadinanza della Valdera, alla stampa, al sindaco, al presidente dell'Unione Valdera, al direttore della Società della Salute, al Comitato di Partecipazione ex Usl 5, al direttore generale Azienda Usl Nord Ovest. Una lettera, redatta da un'infermiera del blocco operatorio, "che la RSU della ex Usl 5 ha ritenuto opportuno di far propria per denunciare la situazione di emergenza che sta affrontando da sempre, ma ancor più in questo periodo, il personale del reparto".

Ecco il testo:
"Sono un’infermiera del blocco operatorio di Pontedera, ho 45 anni, sono madre di 2 bambini di 15 e 9 anni. La mia professione mi piace moltissimo ma ultimamente, a causa delle carenze del personale e dei tagli alla sanità, lavorare è diventato veramente pesante e sta mettendo a rischio la mia incolumità ma soprattutto quella dei pazienti. Questa è la mia giornata tipo: la mattina entro in servizio alle 07.25. Inizio a correre a destra e sinistra per svolgere una serie di compiti, piuttosto complessi, necessari alla preparazione degli interventi chirurgici in lista. Ripeto queste attività svariate volte in un turno di lavoro, differenziandole a seconda della complessità dell’intervento. In tutto questo non mi posso dimenticare che sul lettino ho una persona e non 'un fegato', 'un rene', 'un colon' … con un’organizzazione tale che spesso mi costringe a non dare la giusta assistenza sia umana che professionale durante la fase pre e post operatoria e in momenti delicati come il risveglio dopo l’intervento del paziente. Alle 14.20 vado a casa dove ho una famiglia e degli impegni che mi attendono. Alle 20.00 inizia la mia reperibilità e questo vuol dire che se chiamata per un intervento in sala operatoria devo tornare a lavoro. Infatti alle 23.15 ricevo una telefonata dal centralino dell’ospedale per un intervento di chirurgia addominale. Quindi alle 23.40 mi trovo in sala con altri due miei colleghi reperibili ed iniziamo l’urgenza e tutta la fase di un qualsiasi intervento. Finito l’intervento sistemo i ferri e preparo una nuova sala per eventuale ulteriore urgenza vado a casa. Sono le 03.00 di notte, e nonostante la stanchezza, non riesco a prendere sonno immediatamente. Finalmente alle 3:30 circa mi addormento, ma alle 05.00 suona di nuovo il telefono, e questa volta l’urgenza è un cesareo che finirà alle 06.45. Fino alle 07:30 non torno a letto e dovrò comunque impostare la sveglia alle 11.30 perché alle 13.30 io e i due infermieri con cui ho lavorato tutta la notte, dobbiamo entrare di nuovo in servizio fino alle 20:25. Tutto legale? tutto a norma, rispettando i requisiti minimi di legge? Di fatto io ho dormito solo quattro ore consecutive. Sono stanca. E il pomeriggio che mi attende richiede la stessa attenzione, le stesse energie e la stessa concentrazione di sempre. Di fatto il peso di questa organizzazione è interamente sulle spalle del personale e di riflesso ricade sulla sicurezza dei cittadini".

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