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Cronaca

Corteo 13 Ottobre, ex operai del Colorificio contro l’Amministrazione

Un ex operaio del Colorificio Toscano dice la sua sulla discussa manifestazione del 13 ottobre scorso: "Repressione generata da pensieri grigi". Ecco la sua lettera-testimonianza

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Riaprire le fabbriche. L’idea di fabbrica, come luogo di produzione e di condivisione degli spazi tra i lavoratori, dove i tempi non erano dettati dall’automazione delle macchine, è oramai un ricordo. Un ricordo che è rimasto impresso anche a chi, come me, da studente universitario, faceva la “stagione” per avere qualche soldino in più in tasca. Si era nei primi anni novanta, e la mia prima esperienza operaia avvenne al Colorificio Toscano di Pisa.

Siamo nei primi anni novanta, gli investimenti per l’innovazione della produzione erano sempre meno, semplicemente si portavano a fine vita i macchinari, e con essi la produzione.  A distanza di tanti anni comprendo meglio cos’era l’industria italiana del tempo, si produceva molto, ma a quale costo sociale? Seppi dopo qualche anno che uno dei miei compagni di allora era morto di tumore, e non credo fosse stata un’eccezione. La piccola e media impresa, considerata fiore all’occhiello del Made in Italy, nascondeva spesso queste realtà.

Andiamo ai giorni d’oggi. Ho partecipato a quel corteo organizzato dal Municipio dei Beni Comuni, bello e festoso, i volti colorati erano accompagnati dai sorrisi dei bimbi, da abili giocolieri, una festa a cui però faceva da contraltare uno smisurato spiegamento di forze; un’iniziativa di democrazia partecipata, fatta tutta alla luce del sole, voleva essere marchiata (secondo le intenzioni di chi?) da una risposta repressiva (ma quanto è costata?).

C’è così tanta paura del libero pensiero? Forse in questa Italia sì. Creare uno spazio di discussione, di politica dal basso, fa paura; paura che la gente s’incontri senza essere mero consumatore o passivo spettatore, si ha paura che i pensieri mettendosi insieme possano denunciare ciò che è sotto il naso di tutti, ma che nella solitudine dell’individuo, passa inosservato.

Quando mi sono ritrovato, con sorpresa, davanti a quell’edificio, oramai spoglio di quell’umanità conosciuta, divenuto solo un esoscheletro di una storia finita, la voglia di rientrarci era tanta. Sappiamo com’è andata, il corteo non ha potuto fare altro che stendere simbolicamente uno striscione sulla facciata, del resto non aveva mai avuto, sin dall’inizio, alcuna intenzione di avere un contatto fisico con quella idea di repressione, generata da pensieri grigi. Il colore deve poter vincere.

Silvestro Labate

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