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Cronaca

I minimarket chiedono un incontro al Comune: "Noi vittime del degrado, chiediamo di essere ascoltati"

Il comitato che rappresenta 25 esercizi in centro a Pisa vuole una "soluzione definitiva" per superare le ordinanze che limitano le attività

Vittime, non causa, dei problemi di degrado e malamovida. E pronti a collaborare con l'amministrazione "per il bene della città", chiedendo regole certe senza ordinanze tampone. E' questo il messaggio espresso stamani, 29 giugno, nella conferenza stampa organizzata dal comitato dei minimarket di Pisa. Il gruppo, che rappresenta i 25 esercizi commerciali che si trovano tutti in centro storico, ha protocollato una formale richiesta di incontro rivolta al sindaco Conti e all'assessore del commercio Pesciatini. Lo scopo è quello di avviare un confronto, al fine di "risolvere una volta per tutte il problema".

"Quale sarebbe il nostro errore? Perché tutte queste misure contro i minimarket?" chiede Mahfuzur Rahman, titolare di un negozio alla stazione, da 20 anni in Italia. "Vogliamo capire cosa vorrebbe da noi il Comune, seguiremo le sue indicazioni. Non abbiamo intenti polemici, vogliamo risolvere il problema. Per farlo però dobbiamo essere ascoltati anche noi. E' un momento difficile anche per noi, con il Coronavirus. Il tutto aggravato da queste ordinanze con sempre maggiori limiti ai nostri danni". "Con il nostro lavoro vivono 150 persone, residenti, spesso cittadini italiani - incalza Shamsul Hoque - siamo regolari, paghiamo affitti, bollette, fornitori, dipendenti, il finanziamento della banca per poter aprire il negozio".

L'ultima ordinanza sulla vendita di alcolici

Sul fronte delle misure anti-contagio "nei nostri negozi entrano poche persone, una alla volta, non ci sono assembramenti" rassicurano, mentre sull'ordine pubblico tengono a precisare che "la nostra clientela è fatta principalmente di residenti che escono tardi dal lavoro e tornando verso casa fanno un po' di spesa, a prezzi contenuti. Così anche molti studenti. La presenza davanti ai locali di 'brutte persone' non dipende da noi, spesso abbiamo cercato di allontanarle. Per il discorso alcolici: sia in zona stazione che in centro chi beve si organizza da solo, comprando le bevande dove costano meno che da noi".

"Non viviamo vendendo gli alcolici - ribadisce Oli Ullah - chi vuole farlo lo fa spendendo poco e a colpi di shot, non con qualche birra comprata nel tardo pomeriggio o sera. Ci troviamo oggi alla stazione a dire ai turisti che non possiamo vendergli una birra: loro lasciano la spesa e se ne vanno senza capire perché. Abbiamo poi spesso la Polizia Municipale che controlla, anche quello un po' spaventa i clienti. Comprendiamo l'esigenza di sicurezza e vogliamo aiutare in questo il Comune. Vogliamo però anche sopravvivere dopo gli investimenti di una vita fatti per aprire l'attività per sostenere le nostre famiglie". 

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