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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca San Rossore

Novità in arrivo col nuovo piano di gestione della fauna selvatica nel Parco

Il Consiglio direttivo dell'Ente Parco ha appena aggiornato le direttive del Piano di gestione della popolazione di ungulati (cinghiali e daini) che dovrà essere attuato tra la fine di quest'anno e i primi mesi del 2016

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Il Parco regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli non si è fatto trovare impreparato di fronte alle recenti polemiche sulla gestione degli ungulati che hanno investito l'intero territorio nazionale: sin dalla sua istituzione, l'Ente ha infatti sempre stabilito, attuato e aggiornato periodicamente misure di contenimento che oggi vengono richieste a gran voce da associazioni e politica.
Le politiche dell'Ente Parco in materia sono peraltro del tutto conformi a quelle di alcune associazioni ambientaliste, tra cui il WWF Italia, che ha di recente divulgato alcuni orientamenti che vanno nella direzione da sempre intrapresa all'interno dell'area protetta.

Il Parco è una di quelle amministrazioni che hanno cominciato per prime a gestire correttamente la fauna selvatica giacché quest'ultima, quando è in sovrannumero, può arrivare a minacciare la biodiversità, l'integrità degli ecosistemi e i delicati equilibri ambientali.
Da anni, pertanto, daino e cinghiale vengono contenuti numericamente nelle varie aree del Parco, con risultati straordinari; quella realizzata all'interno del Parco, nel cuore della Tenuta di San Rossore, è stata inoltre la prima esperienza in Toscana di realizzazione in loco di un centro di lavorazione dei capi abbattuti.

In un contesto già consolidato, la delibera approvata nei giorni scorsi dal Consiglio direttivo del Parco introduce comunque alcune novità non di poco conto rispetto agli anni passati.

Innanzitutto l'organo collegiale di indirizzo e programmazione dell'Ente ha dato mandato al Direttore di integrare i sistemi di gestione attuati fino ad oggi – ovvero catture ed abbattimenti, che sono effettuati dal personale del Parco – con un approccio innovativo, che consiste nell'affidare a ditte private altamente professionalizzate, secondo obiettivi precisi e misurabili, il controllo degli ungulati in sovrannumero, similmente a quanto già avviene nel caso della corretta gestione forestale, in cui gli enti proprietari dei boschi si affidano a soggetti privati che dispongono di apposite figure professionali ed hanno specifiche regole da seguire, attrezzature idonee e garanzie sulla sicurezza.Questa novità assoluta permetterà di raggiungere agevolmente gli obiettivi previsti – perché nel caso in cui non fossero raggiunti i risultati attesi, le ditte non saranno retribuite – a partire dalle aree a gestione militare presenti nel Parco e, allo stesso tempo, consentirà a personale del Parco di concentrarsi sulle aree più delicate e di essere utilizzato anche per azioni di tutela ambientale diretta.

In secondo luogo, il Direttore del Parco ha avuto ancora mandato dal Consiglio direttivo di valutare di affidare ad un soggetto privato la gestione del centro di lavorazione nella Tenuta di San Rossore, in modo tale da massimizzarne l'efficienza e, di conseguenza, la capacità dell'Ente Parco di dare linfa a filiere virtuose con la commercializzazione e valorizzazione della carne selvatica, di grande qualità anche dal punto di vista alimentare.

Saranno inoltre rafforzati i contatti e la collaborazione con gli enti provinciali e con gli ambiti territoriali di caccia, affinché l'attività svolta nelle aree esterne al Parco ed in quelle contigue, sortisca effetti migliori: esistono infatti punti di confine, come la zona della bonifica di Vecchiano, in cui l'eccessiva presenza dei cinghiali viene imputata al Parco laddove è invece evidente, in ragione del fatto che l'autostrada è un limite invalicabile, che questi animali provengono dalle aree collinari e montuose esterne dal Parco. Grazie ad una simile collaborazione potrebbero migliorare le condizioni in cui gli agricoltori di tali luoghi si trovano ad operare.

Sia chiaro: l'Ente non abbatte gli animali per farne un business: l'auspicio è infatti che la conservazione dell'ambiente possa garantire il ristabilirsi di una più completa catena alimentare, nella quale i predatori riescano a contribuire al controllo delle popolazioni di ungulati, come dovrebbe avvenire in tutte le aree protette. Nel momento in cui però è costretto a farlo per ovvie ragioni ambientali, è tenuto a utilizzare la loro carne conformemente alle norme in materia sanitaria e fiscale, dando quindi il giusto valore all'attività svolta e garantendo agli operatori economici grandi opportunità anche in termini di tradizione gastronomica e qualità alimentare.
D'altronde, l'alternativa al quadro di legalità che l'Ente offre al consumatore, è spesso la carne dei selvatici che arriva nei ristoranti venduta al nero da cacciatori che la trattano, tra l'altro, senza alcun controllo sanitario.

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