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Cronaca

La corsa al Rettorato: le proposte di Michele Marroni

Ricercatore e docente di geologia presso il Dipartimento di Scienze della terra, di cui ha ricoperto anche la carica di direttore dal 2013 al 2016

Il prossimo 20 settembre si aprirà il primo turno delle elezioni che porteranno alla scelta del rettore che raccoglierà l'eredità di Paolo Mancarella e guiderà l'Università dal 2022 al 2028. I candidati in lizza per la carica sono tre: Giuseppe Iannaccone, Michele Marroni e Riccardo Zucchi.

Procedendo in ordine alfabetico, oggi andiamo a presentare le idee che animano il programma di mandato proposto dal professor Michele Marroni, nato a Pisa nel 1958, sposato e padre di una figlia. Si è laureato con lode all’Università di Pisa nel 1983 in Scienze Geologiche e, dopo un periodo nell’industria lapidea, ha iniziato nel 1985 il Dottorato di Ricerca in Geologia all’Università di Pisa conseguendo il titolo nel 1990. Nel 1992 è divenuto Ricercatore di Geologia Strutturale e, quindi, Professore Associato nel 1998 e Professore Ordinario nel 2000, sempre nel nostro Ateneo. E' stato coordinatore di due gruppi scientifici nazionali e ha fatto parte del comitato direttivo della Società Geologica Italiana. E' stato chiamato dalla Regione Toscana a far parte del Comitato Scientifico per la realizzazione della carta geologica della Toscana, del Comitato Tecnico per la Geotermia dell’Amiata e del Comitato di coordinamento istituzionale per l’Educazione Ambientale.

Per l'Università di Pisa si apre una fase di grandi sfide?

"Ritengo che la gestione dei fondi derivanti dal Pnrr sia il capitolo più importante degli impegni che ci attendono nel breve e medio termine. L'Università dovrà essere capace di spendere e investire queste somme, ma soprattutto dovrà farlo bene. Mi riferisco a un piano di assunzioni dettagliato per il personale docente, tecnico e amministrativo. E dovranno essere fatti investimenti anche nel rinnovo dei laboratori, delle strumentazioni, delle aule e delle biblioteche. Abbiamo di fronte a noi la possibilità concreta di immaginare, disegnare e realizzare concretamente l'Università del futuro".

"La mia idea di sviluppo dell'Ateneo ha come punto di partenza una netta discontinuità con il governo del rettore Mancarella. Ritengo che sia di vitale importanza rimettere al centro della vita universitaria i Dipartimenti e i centri di ricerca. Accanto a ciò, è indispensabile trovare una soluzione alla stagnazione delle immatricolazioni, che da troppi anni pongono Pisa dietro a troppi Atenei italiani. Per imboccare questo sentiero è indispensabile creare nuove infrastrutture didattiche e rendere l'intera Università più attraente e accogliente nei confronti dei nuovi studenti. Occorre anche approfondire la riflessione sul sostegno alle fasce meno abbienti: la pandemia prima e le conseguenze della guerra in Ucraina in seconda battuta stanno ponendo le famiglie di fronte a ostacoli economici molto grandi".

C'è un aspetto del sessennio di Paolo Mancarella che ha presentato le maggiori criticità?

"Nel mandato del rettore è mancata la condivisione delle scelte e la partecipazione nel processo decisionale. Questo è un difetto insito nella legge Gelmini, ma il rettore avrebbe comunque potuto e dovuto impegnarsi maggiormente per coinvolgere tutte le parti dell'Ateneo. In particolare nell'ultimo periodo del suo governo, coinciso purtroppo con lo scoppio della pandemia, Mancarella si è isolato eccessivamente, mancando molto anche sul piano della comunicazione".

L'offerta formativa deve essere aggiornata con le esigenze e le necessità del mondo 'esterno'?

"I corsi devono assumere un respiro decisamente più nazionale e internazionale. La strada è quella dell'istituzione di un maggior numero di lauree triennali e magistrali erogate in lingua inglese, investendo con più convinzione anche sui 'double degree'. Inoltre un punto da esplorare è la proposta di percorsi di laurea impostati sulla multidisciplinarietà, attraverso l'esplorazione di metodi didattici nuovi e innovativi. Di recente il Dipartimento di Scienze della terra ha inaugurato un corso di laurea triennale in Uzbekistan: chi consegue la laurea poi può proseguire il suo percorso specializzandosi a Pisa e inserendosi anche nel tessuto della ricerca. Questo progetto deve essere replicato in altri ambiti e in altri Dipartimenti: l'attrattività del nostro Ateneo cresce anche con queste proposte internazionali".

"Il titolo di laurea presso l'Università di Pisa continua a costituire un biglietto da visita di eccezionale rilevanza, spendibile nel mondo del lavoro. Sicuramente ci sono delle differenze da area ad area: in alcuni casi, più per problematiche strettamente inerenti all'offerta, è più complicato tradurre in occupazione il titolo conseguito. Ad esempio nell'area di Giurisprudenza, per la quale il mercato del lavoro fatica ad assorbire i laureati che escono dalle Università. Ecco perché ritengo molto importante la diversificazione dell'offerta formativa del nostro Ateneo: è cruciale 'modellare' i corsi di laurea per avvicinarli alle esigenze del mondo del lavoro".

L'attrattività dell'Università può essere indebolita dalla presenza contemporanea delle due scuole di eccellenza?

"Se si pensa che istituti di eccellenza che rientrano nell'alveo dell'Università siano un problema per lo sviluppo e la tenuta dell'Ateneo stesso, si sbaglia tutto. Ed è scorretto anche non investire e non impegnarsi maggiormente nella sinergia tra tutti gli istituti: la Scuola Normale, la Scuola Superiore Sant'Anna, insieme ai centri nazionali che hanno la loro sede a Pisa o in periferia (penso ad esempio al Cnr, a Virgo, all'Istituto nazionale di Fisica nucleare e all'Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia), devono essere messi a sistema. Abbiamo il dovere di costruire una rete forte, perché soltanto in questo modo si può raggiungere un livello di eccellenza ancora più alto".

Terza missione: cosa può dare l'Università alla città?

"Pisa, intesa come realtà territoriale che dalla costa si estende fino alle colline della provincia, costituisce un organismo unico nel quale sono comprese anche le istituzioni universitarie. In quanto organismo, il benessere è dato da una visione globale, nella quale gli scambi sono reciproci. L'Università non può prosperare, né investire su progetti vincenti, senza il supporto convinto di Pisa, e viceversa. Negli ultimi anni si è radicato il concetto che Pisa è soltanto l'Università: niente di più sbagliato. Pisa è moltissimo oltre all'Ateneo, che è un'istituzione che può contribuire in modo determinante allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Ci sono innumerevoli potenzialità nel rapporto tra Pisa e l'Università che devono essere tradotte in pratica".

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