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Cronaca

Progetto Rebeldia: "Non un'altra guerra. Per la Siria pace e accoglienza"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Sono più di vent'anni che sentiamo parlare di operazioni militari sempre come “missioni umanitarie” o “missioni di pace”. Iraq, Somalia, Kossovo, Afghanistan, di nuovo Iraq, Libia. Tutte guerre condotte in scenari lasciati precedentemente incancrenire o in cui è stato fomentato il conflitto, dove l'opzione militare è stata presentata come l'unica possibile per salvare le popolazioni da emergenze umanitarie o per ripristinare la legalità internazionale.

In nessuno di questi casi la guerra ha poi raggiunto gli obiettivi per cui teoricamente era stata combattuta: non c'è popolo o paese che in seguito all'intervento armato delle diverse coalizioni guidate dagli USA abbia raggiunto pace e democrazia compiute. Al contrario in pressochè tutte queste situazioni le condizioni politiche, sociali e civili delle popolazioni coinvolte sono rimaste inalterate o sono peggiorate per la disgregazione e le distruzioni causate dalla guerra, l'ascesa al potere di governi fantoccio controllati da altri paesi, la corruzione indotta dall'afflusso di finanziamenti internazionali.

Lo stesso scenario minaccia di ripetersi per la Siria. Da due anni una feroce guerra dilania la popolazione siriana, senza che la comunità internazionale abbia davvero tentato di porvi fine. L'illusione che una soluzione militare fosse possibile ha anzi spinto molti attori internazionali ad armare le diverse parti del conflitto, contribuendo solo a inasprire il confronto armato e a acuire le sofferenze della popolazione civile.

I numeri della catastrofe sono terribili: almeno centomila vittime, 2 milioni di rifugiati, oltre quattro milioni di sfollati interni. In questo scenario la “punizione” militare prospettata dal presidente Obama contro il regime siriano non solo non contribuirebbe alla cessazione della guerra, ma rischierebbe di provocare reazioni a catena e un allargamento del conflitto con conseguenze imprevedibili e potenzialmente devastanti.

E' per questi motivi che si deve evitare in ogni modo l'attacco militare internazionale, e che l'opinione pubblica internazionale deve chiedere con forza ai governi un vero impegno politico, economico e diplomatico a favore della pace. E' necessaria una conferenza di pace che coinvolga non solo le fazioni combattenti, ma anche gli altri paesi dell'area, senza preclusioni, e soprattutto i movimenti sociali e civili che anche in Siria hanno lavorato – a costo di terribili repressioni- a favore della democrazia e dei diritti civili. E' necessario inoltre superare la terrificante ipocrisia che fa spendere miliardi in armamenti e preparazione militare e non sostiene a sufficienza l'intervento umanitario a favore dei profughi e della popolazione civile.

Per questo crediamo che l'intero paese, ma anche la nostra comunità locale debba attivarsi, nei limiti delle sue possibilità, per sostenere le ragioni della pace e del dialogo, e per rendersi parte attiva nell'accoglienza dei profughi siriani che stanno arrivando a Lampedusa e in Sicilia, e che dovranno essere accolti sul territorio nazionale.

Invitiamo tutti a partecipare a un'assemblea cittadina di approfondimento, discussione e raccolta di testimonianze sulla Siria che verrà introdotta da Martina Pignatti Morano, presidente nazionale di "Un Ponte Per", e Fouad Roueiha, attivista siriano e corrispondente dell'Agenzia informativa Amisnet. In tale occasione potremo raccogliere le proposte di mobilitazione locale. L'incontro si terrà Martedi 10 Settembre, alle 21, al Colorificio Liberato (Via Montelungo 70, Pisa).

 

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