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Cronaca

Cellule staminali, ricercatore del Sant'Anna: "Terapia che crea illusioni"

Il medico ricercatore Vincenzo Lionetti interviene sull'utilizzo delle staminali,commentando la vicenda di Salvatore Crisafulli, il paziente catanese deceduto in attesa di un trapianto di queste cellule

“La sperimentazione sul trapianto di cellule staminali non è esaurita, è svolta in maniera prevalente nei laboratori di ricerca di base e finora le evidenze non sono sufficienti per poterla definire una cura per l’uomo. Le staminali sono presenti in vari distretti dell`organismo e nel sangue fino dalla nascita e vengono subito reclutate in un tessuto quando è danneggiato. Più grave è il danno, più cellule accorrono in quel tessuto, senza migliorare il corso della malattia. Mentre la scienza cerca di spiegare questo interessante paradosso, le staminali sono abusivamente proposte come soluzione terapeutica efficace in alcuni ambiti clinici. Questa confusione perfetta alimenta pericolose aspettative nei malati, specialmente in quelli critici, fino a derubarli del diritto alla serenità ed alla consapevolezza”.

Vincenzo Lionetti, medico e ricercatore del Laboratorio di Scienze Mediche dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, studioso attento del ruolo delle cellule staminali nel cuore, interviene sulla vicenda di Salvatore Crisafulli, il paraplegico di Catania di 48 anni scomparso venerdì, dopo essersi risvegliato, nel 2005, dal coma in cui era entrato due anni prima a seguito di un incidente stradale, sofferente di quella sindrome neurologica che lo faceva comunicare attraverso gli occhi e utilizzando un computer a scansione, per affermare che oggi, il trapianto di cellule staminali “non può considerarsi neanche una terapia ad uso compassionevole”.

“Un uso improprio della scienza - aggiunge Vincenzo Lionetti - produce un grave danno a tutti i pazienti e alle loro famiglie, perché crea illusioni. In questo senso è emblematica la vicenda di Salvatore Crisafulli, scomparso in attesa di un’autorizzazione al trapianto di cellule staminali per curare la grave sindrome neurologica di cui era affetto e che, appunto, lo faceva comunicare attraverso gli occhi. “La gran parte delle cellule staminali - sottolinea ancora Lionetti - pur provenendo dallo stesso paziente che le riceve, non sopravvive dopo un trapianto. Si stanno quindi sviluppando strategie alternative per potenziare la funzione delle staminali endogene, senza doverne trapiantare altre”. “Morire con la convinzione di essere stati privati dell`accesso ad una cura è molto doloroso, oltre che incostituzionale. Morire in attesa di un trapianto di cellule staminali - conclude Lionetti - appare come una profonda ingiustizia per la completa disinformazione sulle reali potenzialità curative delle cellule staminali, di cui si parla da tanti anni e, spesso, in maniera inopportuna. E’ importante che la scienza continui a fare ricerca come è importante non sponsorizzare percorsi 'terapeutici’ non ancora validati dall’evidenza scientifica di base”.

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