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Cronaca

"Un'altra asta per Palazzo Boyl": l'intervento del Municipio dei beni comuni

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Palazzo Pilo Boyl è ormai alla terza asta. I primi due tentativi che lo vedevano in vendita per 4.9 milioni e poi per 3.67 milioni sono falliti. Adesso il prezzo scende ulteriormente a 3,2 milioni, infatti continua il tentativo di svendita e speculazione che ormai pervade senza freni la città con il benestare delle amministrazioni che si sono susseguite.

Un palazzo storico che è stato abbandonato per 6 anni all'incuria e al degrado dalla Tognozzi S.p.a., impresa attiva in Toscana in vari settori della ricostruzione immobiliare, che lo aveva acquistato acquistato nel 2008 a fini speculativi, ma che poi è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Firenze nel 2014 e l'amministratore unico della società, indagato per corruzione all'Agenzia delle Entrate.

Il 22 Novembre 2014 fu il Municipio dei Beni Comuni a riportarlo alla luce, a riaprire quella finestra dalla quale urlavamo che la “bellezza è di tutti” e infatti era proprio in questo periodo prenatalizio di due anni fa che organizzavamo appunto visite guidate di quel patrimonio artistico nascosto alla città a causa di anni di colpevole abbandono dell’immobile e vani tentativi di restauro nascosti da impalcature ingombranti.

L’enorme pregio artistico dell’immobile portò molti ad affacciarsi di nuovo a quelle finestre sul Lungarno e a guardare al cielo verso la volta dipinta con “l’Olimpo” del Marianini o a scorgere tra i resti di intonaco splendide figure e motivi ancor più antichi.

Seppur in tanti e tante riuscirono a apprezzare nuovamente quelle mura, l’amministrazione comunale e l’allora assessore alla cultura Dario Danti, continuarono a ignorare quella ricchezza che dovrebbe appartenere alla collettività tutta, con la misera motivazione che riguardava le modalità della sua riapertura. Ignorarono quindi il fatto che Pisa stava perdendo un patrimonio culturale enorme, ignorarono una proposta di riutilizzo nata dal basso e partecipata, a dimostrazione del fatto che concetti come partecipazione, beni comuni, riutilizzo e rigenerazione degli spazi, nelle mani dell’amministrazione Filippeschi perdono ogni significato e anche una reale applicazione concreta nella vita di questa città.

Il vile sgombero dello spazio sopraggiunse poi il 27 dicembre, dopo poco più di un mese. Uno sgombero immotivato, dato che, quanto prevedemmo allora, si è poi avverato: anni di ulteriore abbandono e degrado di uno dei palazzi storicamente più rilevanti e in pieno centro di questa città. Uno sgombero eseguito non per necessità, ma per una volontà politica di reprimere ancora una volta chi da anni denuncia i meccanismi di speculazione e svendita del patrimonio pubblico e privato, sgomberando voci certamente molto critiche, ma spesso protagonisti nella costruzione di alternative concrete di riutilizzo degli spazi nate e elaborate a partire dalle necessità e i bisogni della città.

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