Violenze in carcere: 'Controluce' sui fatti di S. Maria Capua Vetere
L’Associazione pisana di volontariato penitenziario 'Controluce' esprime tutta la sua riprovazione per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il giorno 6 aprile 2020, le cui testimonianze audiovisive sono state ampiamente diffuse dalle televisioni, dalle reti social e dalla stampa. Riprovazione, la nostra, non priva di un senso di profonda preoccupazione.
É convinzione dei soci, infatti, che di fronte ad accadimenti del genere ci si trovi di fronte a un pericoloso restringimento, se non a una vera e propria negazione, di uno dei diritti fondamentali dell’individuo: quello alla tutela dell’integrità psicofisica, massimamente quando i soggetti più deboli sono affidati alla tutela dello Stato. Quelle vergognose immagini, oltre a introdurre un vulnus nei rapporti tra istituzioni e cittadino, sollevano anche una questione non più rimandabile: quella di una più aggiornata, moderna, consapevole formazione degli agenti di polizia penitenziaria, per i quali non deve essere mai lecito il ricorso alla violenza, segnatamente quando pianificata e programmata come appare chiaro dalla immagini di quella mattanza, più degna di Stato governato da un regime autoritario o peggio, e non di un Paese ad alta tradizione giuridica come il nostro.
Come è potuta accadere una simile degenerazione? Chi sono i responsabili? Cosa si sta facendo per individuare la catena di comando che ha reso possibile un tale imbarbarimento che fa compiere non pochi passi indietro a una riforma carceraria nel segno dell’umanità e della giustizia?
In questo momento compete a tutti gli organismi interessati, istituzionali, del volontariato, ai detenuti stessi, alle loro famiglie operare affinché nei luoghi di detenzione e pena si crei, pur nel rispetto dei ruoli diversi, un rapporto di fiducia e collaborazione reciproca. Nella prospettiva di un carcere inteso come luogo dell’educazione per tutti alla responsabilità individuale e collettiva: un percorso, lungo, certo, ma che fin da subito abbisogna di uomini preparati e mezzi adeguati.
Per quanto riguarda la nostra Associazione, noi già da tempo operiamo in tale direzione per l’umanizzazione delle pene, per l’attuazione di misure di comunità sempre più larghe e condivise, attenendoci allo spirito e alla lettera dell’articolo 27 della Carta Costituzionale che recita tra l’altro: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
Questa da sempre e anche per il futuro la nostra stella polare.