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Cronaca

Works, c'era una volta il lavoro

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

La scomparsa più o meno improvvisa del lavoro non è un evento che riguarda solo la mancanza di impiego, la difficoltà di trovare una collocazione, un ruolo nel mondo delle attività lavorative. La scomparsa del lavoro incide in prima battuta sulla percezione che l'individuo ha di sé. Se al lavoro si assimilano diritti, uno stato sociale, un complesso di garanzie, allora vorrà dire che nella percezione della propria individualità vi sarà anche tutto questo. Al contrario, se lavorare equivale a essere sfruttati, non vedere riconosciuti i propri diritti, non godere di uno stato sociale degno di tale nome, allora tutto questo corrisponderà semplicemente a non esistere. Affermare il proprio diritto al lavoro, significa affermare il proprio diritto all'esistenza. Siamo stati abituati dalla cronaca di questi lunghi anni di crisi a una sequela di esplicite aggressioni alle lavoratrici e ai lavoratori d'Italia, d'Europa, del mondo intero. La nostra quotidianità lavorativa è figlia di un vero e proprio saccheggio, e la troppa vicinanza al corso degli eventi a volte offusca il quadro d'insieme.

Parlare oggi di lavoro significa sollevare la polvere che si è sedimentata a terra. Sollevarne un'intera nube. E in questa ricompaiono in controluce le parole chiave che definiscono una galassia di senso perduto: diritti, sfruttamento, asilo, occupazione, sciopero, classe, ricatto, migranti, cittadinanza, genere, reddito, conflitto, welfare... Sarebbero centinaia, ma ne bastano alcune perché il quadro possa ricomporsi di nuovo, più chiaro di sempre. Ricomporre il quadro, definire un vocabolario comune, studiare i problemi nella loro proiezione plurale: sono alcuni degli obiettivi di WORKS (venerdì 3 e sabato 4 marzo, a Pisa, presso il Polo Carmignani), un momento di dibattito e di confronto, uno spazio di analisi, riflessione e progettualità, per mettere a fuoco i problemi, condividere esperienze e vertenze, ma anche un momento di elaborazione attraverso cui dotarsi di nuovi strumenti di attivazione collettiva.

Un appuntamento dedicato al prisma delle vertenze strutturali che investono oggi il mondo del lavoro. Il lavoro mobile e migrante, caratterizzato dallo sfruttamento, dalla privazione delle libertà fondamentali, dalle dislocazioni coatte della forza-lavoro; il lavoro precario, ormai istituzionalizzato dal Jobs Act, sottopagato e malpagato, in nero, volontario e gratuito, trasformato dalla digitalizzazione e dall'automazione; il lavoro femminile, produttivo, salariato, riproduttivo, di cura, a domicilio, ancora vessato dal dumping salariale, dalla mancanza di riconoscimento e dalle discriminazioni di genere.

Il lavoro migrante è il vero laboratorio dello sfruttamento di domani. L'alibi della perpetua emergenza, della scarsità e inefficacia delle politiche di integrazione, è il fondamento di una condizione dal sapore ottocentesco di una forza lavoro priva di diritti, in balia della rapacità delle organizzazioni criminali. Le limitazioni alla mobilità dei migranti sono apertamente funzionali allo sfruttamento della forza lavoro che essi rappresentano, indotta a cedere al ricatto di occupazioni malpagate, vessatorie e senza alcuna prospettiva. La negazione di una simile libertà rappresenta una evidente inibizione verso gli organismi di rappresentanza di una classe di lavoratori dai contorni nuovi.

L'odierno lavoro femminile è la risultante di una visione discriminatoria della società. La decostruzione ossessiva dello stato sociale pretende a gran voce che le donne siano respinte dal mondo del lavoro, perché portatrici di una diversità inammissibile per i canoni della produzione contemporanea. Riflettere sugli aspetti peculiari di una simile condizione, significa osservare il problema da una necessaria prospettiva di genere, poiché l'espulsione delle donne dal mondo del lavoro avviene per mandato di una feroce egemonia maschile. Questioni nodali che rimandano direttamente allo sciopero globale delle donne proclamato per l'intera giornata dell'otto marzo 2017.

Il lavoro precario è la foce comune delle molteplici declinazioni assunte dallo sfruttamento. Il termine stesso di 'precariato' contiene in sé un limite genetico. Ciò che doveva definire una condizione inammissibile, è diventato con il tempo la definizione di una categoria del quotidiano, smarrita ormai l'impronta di indignazione che l'aveva coniata.

Una politica comune del lavoro chiede a gran voce parole e pratiche nuove.

Tre orizzonti di indagine che verranno vagliati nello specifico nel corso di WORKS attraverso tre dibattiti a tema, con il supporto di due workshop aperti, dedicati al Jobs Act (paradigma che attualmente racchiude l'indirizzo più esplicito sul mondo del precariato) e a una vertenza specifica del territorio pisano, ovvero quella del distretto conciario di Santa Croce: entrambi hanno l'ambizione di raccogliere e mettere a confronto esperienze e vertenze del territorio. I due giorni di incontri saranno incorniciati dalla proiezione del film vincitore di Cannes 2016, 'Io, Daniel Blake' del maestro Ken Loach.

Durante i lavori del convegno sarà allestita una mostra del fotografo Giulio di Meo dal titolo "Fragole Amare" con immagini realizzate nel luglio del 2009 nei campi della campagna di Parete (CE) in cui lavorano per la maggior parte migranti, e una mostra di libri sulla storia del movimento operaio curata dalla Biblioteca F. Serantini.

Il programma completo di WORKS è disponibile  sul sito www.rebeldia.net oppure sull'evento facebook https://www.facebook.com/events/1173982976055728/
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