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Le "Mine vaganti" di Ferzan Ozpetek dal grande schermo al palco del Verdi

Sabato 11 e domenica 12 febbraio in scena con Francesco Pannofino, Iaia Forte e Simona Marchini l’adattamento teatrale del film del regista italo-turco

E' con le "Mine Vaganti" di Ferzan Ozpetek il quinto appuntamento della Stagione di Prosa del Teatro Verdi di Pisa. Il ‘tutto esaurito’ per entrambe le date pisane, sabato 11 febbraio (ore 21) e domenica 12 (ore 17), conferma l’alto gradimento del pubblico, ampiamente saggiato già in altre platee italiane, per questa commedia, adattamento del pluripremiato film (2 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 4 Globi d’Oro, Premio speciale della Giuria al Tribeca Film Festival di New York, Ciak d’oro come Miglior film) del regista italo-turco che ora esordisce alla regia teatrale.   

Di grande impatto anche il cast dello spettacolo realizzato da Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana: Francesco Pannofino e Iaia Forte interpretano i coniugi Cantone, Erik Tonelli e Carmine Recano i fratelli Tommaso e Antonio, mentre il ruolo della nonna, che nel film del 2010 recita la toccante scena finale, è affidato a Simona Marchini. Negli altri ruoli: Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Jacopo Sorbini. Luigi Ferrigno firma le scene, Alessandro Lai i costumi, Pasquale Mari le luci.

Utilizzando il genere della commedia, Ozpetek traccia il ritratto di relazioni contemporanee tra persone considerate come un nucleo di "mine vaganti" e prova a far cadere una serie di luoghi comuni radicati. Fedele alla trama cinematografica, l’adattamento teatrale mette in scena la storia di Tommaso, studente fuorisede di economia che, tornato nella casa di famiglia in Puglia, intende comunicare al clan dei parenti la propria omosessualità e le sue ambizioni letterarie. Ma imprevisti e altre rivelazioni lo costringono a rivedere i suoi piani e a scontrarsi con un orizzonte familiare pieno di segreti e di contraddizioni.

"Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro - spiega Ferzan Ozpetek nelle sue note di regia - dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che recitano anche in platea come se fossero nella piazza del paese. La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce". "L’impianto lascia intatto lo spirito della pellicola - aggiunge - Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni: quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento".

Anche l’ambientazione cambia: "Oggi - commenta il regista - una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli".

"Le emozioni dei primi piani - prosegue - hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per marcare quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente". "Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene - conclude Ferzan Ozpetek - Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti".

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