Palazzo Blu, al via la mostra 'Oceani, ultima frontiera'
Gli oceani ricoprono oltre il 70 per cento della superficie terrestre. Tanto che una delle più famose fotografie della Terra dallo spazio, scattata nel 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17, è stata soprannominata The Blue Marble, 'la biglia blu'. È così che appare il nostro pianeta. Eppure, degli oceani si conosce ancora poco. Solo grazie allo sviluppo di sofisticate tecnologie per le immersioni subacquee e la fotografia si è cominciato a sondarne i segreti. 'Oceani, ultima frontiera' è una mostra fotografica a cura di Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia, e dedicata all’esplorazione dei mari, dai pionieri come Jacques-Yves Cousteau e Sylvia Earle, storica explorer di National Geographic e tra le prime donne a dedicarsi all’oceanografia, fino alle imprese più moderne, come il ritrovamento del Titanic. Si incontreranno le specie più affascinanti degli abissi, dai giganteschi mammiferi marini ai predatori più feroci, ma anche tappeti di alghe dove i pesci vanno a riprodursi e a nutrirsi, e le distese colorate delle barriere coralline. Con una sezione speciale dedicata agli abitanti del nostro mare, il Mediterraneo.
Alcune sale sono dedicate a tre dei principali problemi degli oceani. Il cambiamento climatico: il riscaldamento delle acque e il cambiamento dell’acidità stanno creando problemi alla fauna marina. Spostamenti di specie tropicali verso quelle che prima erano latitudini temperate, anche in Mediterraneo, proliferazioni algali di proporzioni enormi, sbiancamento di grandi superfici della barriera corallina, dalle Maldive all’Australia. Overfishing: negli ultimi decenni la pesca ha messo in pericolo alcune delle specie più importanti degli ecosistemi marini, come per esempio il tonno rosso. E ha fatto registrare una diminuzione anche del 75 per cento delle popolazioni ittiche. Infine la plastica, l’ultima minaccia: si getta uno sguardo ai grandi garbage patch, le chiazze di plastica che si trovano a quasi tutte le latitudini, ma anche i pericoli per la fauna, dalle tartarughe agli uccelli marini. Non mancano però i messaggi positivi, che vengono anche dalle immagini satellitari, che oggi ci permettono di tenere sotto controllo la salute degli oceani come non abbiamo mai fatto prima. E infine c’è il progetto Pristine Seas di National Geographic, che sta dando un contributo decisivo al monitoraggio delle aree più incontaminate del pianeta, stimolando i governi a proteggerle.
A integrare la mostra i visitatori troveranno sparsi qua e là nelle sale alcuni oggetti di uso quotidiano ormai consunti. Sono i reperti della mostra Archeoplastica, prodotti acquistati e usati a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso e raccolti sulle spiagge italiane dopo cinquant’anni o più. Archeoplastica
è un’iniziativa che mira a sensibilizzare le persone a un uso consapevole della plastica.
Per ulteriori informazioni sulle mostre National Geographic c'è il sito natgeo.org/exhibitions.
Nella foto: Una tartaruga Caretta caretta è rimasta impigliata in una vecchia rete da pesca di plastica al largo della costa spagnola. Sarebbe morta se il fotografo non l’avesse liberata. Le attrezzature da pesca abbandonate sono una grave minaccia per le tartarughe e altri animali marini. Jordi Chias