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'Jellyfish Barge': la nuova agricoltura si fa... sull'acqua

Installata e testata ai Navicelli la serra galleggiante ideata dalla spin-off dell'Università di Firenze 'Pnat', capace di coltivare e produrre vegetali risparmiando acqua, energia e senza il consumo di suolo. Sarà ad Expo 2015 per cercare investitori

Produce acqua e cibo senza consumare energia e suolo. Un'agricoltura di altri tempi, in un doppio senso: sfrutta processi naturali ed al tempo stesso rappresenta una risposta al problema della carenza delle risorse necessarie alla produzione. 'Jellyfish Barge' è l'innovativo progetto di serra galleggiante che, sfruttando distillazione solare e la coltivazione idroponica, riesce a produrre vegetali senza la necessità di terra e risparmiando il 70% dell'acqua normalmente utilizzata. Grazie a pannelli solari è anche completamente indipendente dal punto di vista energetico. Un gioiellino di ingegneria basato su tecnologie in realtà semplici e realizzato con materiali a basso costo e riciclati.

Il progetto multidisciplinare 'Jellyfish Barge' è coordinato dal professor Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale e fondatore di 'Pnat', la start up spin-off dell'Università di Firenze che si occupa della progettazione e sviluppo del prototipo. La serra galleggiante è stata installata ai Navicelli di Pisa fra il settembre e l'ottobre 2014 ed è attualmente in fase di test. Il contributo iniziale è stato della Fondazione Carifi e della Regione Toscana. Un altro prototipo sarà sistemato in Arno a Firenze, nei pressi della Torre di San Niccolò, durante il periodo dell'Expo, fiera a cui 'Pnat' parteciperà presso lo stand di 'Coop Italia'.

La serra galleggiante del progetto 'Jellyfish Barge'

"L'obiettivo che adesso abbiamo – spiega l'amministratrice della start up Camilla Pandolfi – è quello di attrarre investitori per passare all'industrializzazione ed all'immissione sul mercato. La struttura è pensata sia per rispondere ad esigenze di produzione alimentare che per privati, come ad esempio ristoranti: in ogni caso si avrà una coltivazione a chilometro zero, dai bassi costi di gestione e manutenzione, completamente autosufficiente ed a ridotto impatto ambientale". Secondo un calcolo approssimativo il prototipo base può "sfamare" due nuclei familiari, circa 8 persone.

Ma come funziona più nel dettaglio? La serra poggia su una base di legno che galleggia grazie a fusti di plastica riciclati. Dei dissalatori solari sono disposti intorno alla struttura e producono fino a 150 litri d'acqua dolce pulita al giorno, che poi ricade sulle piante replicando in piccolo la naturale distillazione solare. Le coltivazioni sono organizzate su cavalletti verticali e le loro radici crescono fuori terra, con un riuso continuo di acqua che viene arricchita con un flusso di nutrienti. "Le strumentazioni necessarie – spiega la Pandolfi – cioè ventole e pompe di diffusione, sono alimentati con pannelli solari, rendendo così la struttura completamente autosufficiente". Il sistema è garantito da un impianto di automazione con monitoraggio e controllo remoto.

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