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Biblioteca Provinciale, Ucic: "Dietro le bugie, le biblioteche chiudono"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

All’incontro del 30 giugno, organizzato dal Coordinamento Lettori delle Biblioteche e degli Archivi pisani, la notizia c’è stata: il Sindaco nonché Presidente della provincia ha deciso di non spendere un quattrino per una delle più importanti biblioteche civiche del territorio, la Biblioteca Provinciale.

Se non ci sono novità il 15 luglio l'ingresso della Biblioteca, nata nel 1972 nel quartiere di Cisanello, verrà serrato e il patrimonio inscatolato, nonostante tuttora le sale siano affollate di utenti e le prenotazioni per la consultazione dei microfilm arrivino a settembre inoltrato.

Negli scorsi anni si sono spesi € 8 milioni per l’edificio in vetro “Officine Porta Garibaldi”, che in via Gioberti avrebbe dovuto diventare il nuovo polo socio-culturale e turistico, ospitando la Biblioteca Provinciale e altre biblioteche del territorio. La struttura è pronta ma abbandonata da sei mesi, mentre noi ne paghiamo i costi. 

Nel frattempo le Province sono state (parzialmente) smantellate e non possono occuparsi di cultura.Troviamo sconcertante che da parte della Provincia, ma soprattutto del Comune e della Regione, cui spetta farsi carico delle funzioni non più di pertinenza della Provincia, non sia stata intrapresa alcuna iniziativa dopo l'entrata in vigore della legge Delrio per salvare la Biblioteca Provinciale e che non si sia denunciata la situazione a livello nazionale. Un immobilismo che denota chiaramente come una politica culturale finalizzata alla formazione dei cittadini e alla qualificazione delle periferie non sia una priorità politica per questa Amministrazione.

La sua indifferenza per il patrimonio pubblico e le politiche culturali è testimoniata dalla scusa che giustifica la chiusura, la mancanza di fondi: un mutuo annuo di 220.000 euro e i costi di gestione sono dichiarati insostenibili quando nell'ultima variazione del bilancio comunale sono stati stanziati più di 200.000 euro solo per le telecamere in centro, senza contare che da anni questa Amministrazione spende in opere dalla discussa utilità diversi milioni di euro (€ 1.700.000 per i totem multimediali disseminati nel centro, € 4 milioni per ricostruire gli Arsenali Repubblicani senza sapere cosa farci, € 1,5 per la Torre Guelfa, quasi € 10 milioni per le mura).

L'unica soluzione che si è riusciti a praticare è quella di cedere le Officine Garibaldi all’Università in comodato gratuito per 10 anni. L’Università raccoglierebbe libri e beni della Provinciale (nel seminterrato) e garantirebbe l’accesso a tutti in una sala del piano terra per cinque anni, solo perché i finanziamenti per le Officine sono stati vincolati a finalità culturali e turistiche.

Gli scopi di un Ateneo e quelli di un Comune non sono identici, neppure nelle politiche culturali: cedere le Officine Garibaldi all’Università significa dare a quest'ultima altre aule, altro personale, altre strutture di didattica e ricerca, non certo offrire ai soggetti più disagiati della città spazi di formazione e socializzazione.

Rifletteva lo storico Giovanni De Luna, a seguito delle elezioni comunali di Torino, che nelle periferie “la qualità della vita è desolante”, anzitutto perché "non ci sono più servizi per i cittadini, a partire dalle biblioteche”. Pisa non è da meno. Così, dopo la Domus Mazziniana e la chiusura d'ufficio della Biblioteca Universitaria (per volere dell'Università), sparisce un’altra biblioteca storica. La periferia sprofonda all’ombra delle torri di Bulgarella e dei centri commerciali e il Comune spende soldi (nostri) non per servizi sociali ed educazione, ma per il mattone, disattendendo le sue stesse promesse.

Tra queste, compariva nel programma di mandato del sindaco Filippeschi 2013-18 (punto 8, pag. 42) che la Biblioteca Franco Serantini avrebbe trovato sede nelle Officine Porta Garibaldi. Ecco un’altra biblioteca di cui nessuno parla: la Serantini si sta oggi chiedendo se non sia meglio emigrare altrove.

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