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Progetto Rebeldìa: La crisi e la piazza, riflessioni sul 15 ottobre

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PisaToday

Sabato 15 ottobre a Roma, come in centinaia di altre città del mondo, si è svolta una grandissima manifestazione che ha visto scendere in piazza a prendere la parola centinaia di migliaia di persone: lavoratori, studenti, precari, pensionati, migranti e tutti i soggetti colpiti dalla crisi, accanto a moltissimi di quei gruppi e quei movimenti che in Italia si stanno muovendo per proporre un'alternativa a questo sistema distruttivo per la società e per l'ambiente. Da Pisa sono scese a Roma centinaia di persone, anche grazie al lavoro del "Coordinamento 15 ottobre" di Pisa, a cui anche noi, come Progetto Rebeldìa, abbiamo partecipato.

Quel corteo, grande e variegato, voleva esprimere, nelle diverse forme che lo caratterizzano, un netto rifiuto verso le politiche economiche che ci vogliono imporre sia la BCE, che  i governi e quel ceto politico bipartisan sempre più succube delle banche e della finanza internazionale.

Volevamo dire che non siamo più disposti a pagare un debito non nostro, né ad accettare più tutte quelle misure neoliberiste che hanno causato la crisi e che ci vengono ora riproposte in maniera ancor più feroce per superarla: tagli allo stato sociale e alle pensioni, precarietà, riduzione dei diritti di chi lavora, privatizzazioni dei beni comuni e cancellazione degli spazi reali di democrazia. Ricette espresse in maniera molto chiara nella lettera che Trichet e Draghi hanno inviato all'Italia e che il governo, le istituzioni e larga parte della cosiddetta opposizione parlamentare hanno subito fatto proprie.

Ma di fronte ad una delle più grandi manifestazioni avvenute nel mondo in questo giorno di mobilitazione internazionale, è avvenuto qualcosa che riteniamo politicamente grave e negativo per tutto il movimento: un'esigua minoranza di alcune centinaia di persone, tutte a volto coperto e ben organizzate con bastoni e bombe carta, ha avviato un’azione evidentemente preparata di distruzione lungo il percorso, facendosi scudo dello stesso corteo e sovradeterminandone la volontà in maniera inaccettabile. Così le azioni di una ristretta minoranza sono state imposte e subite da un corteo di centinaia di migliaia di persone, mettendone anche a repentaglio l'incolumità, tanto che in tantissimi hanno reagito e in alcuni casi si sono scontrati con chi ha avuto questi comportamenti.

E come era prevedibile questo ha scatenato il solito gioco mediatico per cui il corteo sparisce letteralmente per dare spazio solo alle devastazioni. Decine e decine di migliaia di manifestanti, in cui c’era anche una forte spinta ad andare contro i palazzi del potere in quella giornata, sono stati così espropriati del loro diritto di manifestare: la rabbia non appartiene solo a chi ha incendiato le auto lungo il percorso di un corteo e non può essere strumentalizzata a piacimento. Era infatti grande anche la rabbia dei tanti manifestanti che non militano in nessuno spezzone politico organizzato, e che come tutti subiscono la crisi e non sanno come arrivare in fondo al mese e che per questo erano scesi sabato a Roma. Nessuno nel movimento può avere la presunzione di insegnare agli altri quale sia la rabbia più degna.

L’azione messa in campo da pochi il 15 è stata escludente, respingente, autoreferenziale e non condivisa: per questo non ci appartiene in alcun modo, in quanto inutile e dannosa.

Riteniamo allo stesso modo molto pericolose e da respingere con altrettanta nettezza le campagne per la delazione di massa che parte della stampa e della politica sta provando a portare avanti. Simili pratiche non appartengono al movimento, le cui relazioni interne si devono invece basare sulla condivisione e il rispetto reciproco. La delazione si inserisce a pieno titolo all’interno di quella strategia repressiva, in cui la gogna mediatica contro i movimenti sociali rientra a pieno titolo, che il governo, con il consenso di parte delle opposizioni, sta portando avanti parlando di leggi speciali, con perquisizioni in tutta Italia, Daspo e ulteriori misure restrittive delle libertà individuali.

Contro questo ennesimo attacco occorre una risposta ampia e forte che rivendichi con forza il diritto a manifestare nelle strade e nelle piazze. I primi ad essere finiti nel mirino sono così proprio tutte quelle soggettività politiche, sindacali e sociali che hanno portato avanti le loro forme di lotta sempre alla luce del sole. È un precedente gravissimo il divieto alla prevista manifestazione della Fiom a Roma e l’ulteriore stretta repressiva già pronta per il movimento No-Tav che domenica sarà nuovamente in piazza.

Per queste ragioni diciamo che le azioni premeditate viste nella giornata di sabato scorso non hanno fatto alcun bene al movimento, ma un favore ai suoi nemici, ai quei poteri forti e a quella politica troppo spesso bipartisan che cercano ogni giorno di spazzare via qualsiasi forma di opposizione sociale alla crisi. Aprire spazi, allargare il consenso, dare forme costruttive e partecipate alla rabbia e all’indignazione sempre crescente è ciò che dobbiamo costruire nella nostra quotidianità. La rabbia sempre crescente non deve diventare autolesionismo o nichilismo ma capacità di violare i divieti e le leggi ingiuste, creando uno spazio e una pratica pubblica di sovvertimento del reale, di costruzione di un mondo diverso.

Per quanto ci riguarda continueremo il percorso iniziato anni fa, un percorso che trova oggi a fianco degli indignati di tutto il mondo la sua naturale prosecuzione contro la barbarie e la violenza neoliberista, per cercare di ridare una speranza, autodeterminando collettivamente le forme del conflitto, a noi stessi e a una generazione che vuole conquistarsi un futuro,  convinti come sempre che solo la condivisione, la partecipazione, il ritorno ai beni comuni possano risolvere questa crisi causata direttamente da quegli stessi che oggi vorrebbero dare le ricette inderogabili per risolverla, facendola pagare a noi, anche se i soldi li hanno rubati loro.

Progetto Rebeldia - Pisa
www.rebeldia.net

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