Poeta e cantautore, De Andrè in letteratura: gli studi dell'Università
Il cantautore genovese al centro di un seminario sull'interpetazione testuale: "La guerra di Piero" è stata analizzata con il metodo della critica letteraria
Chissà se lui sarebbe contento di tanta gloria postuma, viene da chiedersi. Lui che una volta confessò che preferiva essere definito "precauzionalmente" un cantautore, perché come diceva Benedetto Croce "dai diciotto anni in poi scrivono poesie solo due categorie di persone: i poeti e i cretini". Parole inascoltate se è vero che negli ultimi anni, e specie dopo la sua scomparsa, in molti hanno giudicato le sue composizioni delle vere e proprie poesie (e nel novero dei molti vanno ascritte due istituzioni della cultura italiana come Fernanda Pivano e Alberto Asor Rosa).
Il sentiero per vedere De Andrè sui libri di scuola insomma è già tracciato: lo testimonia l’ultimo riconoscimento tributato al cantautore genovese dall’Università di Pisa. Il merito è di Federica Ivaldi, dottore di ricerca in Studi Italianistici all'Università di Pisa e autrice del volume scritto insieme al musicologo Claudio Cosi "Fabrizio De André. Cantastorie fra parole e musica" , che in un incontro organizzato dal dipartimento di Filologia, letteratura e linguistica ha trattato "La guerra di Piero" e i suoi "versi sepolti in un campo di note" con il metodo della critica letteraria.
Scritta nel 1964 e diventata negli anni sessanta un inno antimilitarista questa ballata che celebra un antieroe "è uno degli esempi della produzione musicale di De André che meglio rappresentano questo tipo di poetica, dove la componente narrativa è fortissima", spiega l’autrice. Nella sua analisi Federica Ivaldi usa anche i principi della metrica, svelando come le scelte compositive di De André non siano casuali. Un esempio: l’apice della narrazione, quando inizia la guerra di coscienza di Piero, coincide con due versi più lunghi (dodecasillabi) che infrangono il ritmo e spezzano la narrazione.