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Cronaca

Quadro di grande valore sequestrato, si sospetta un raggiro: nell'indagine compare la Soprintendenza di Pisa

Il 'Cristo risorto appare alla Madre' era in esposizione a Genova quando i Carabinieri lo hanno prelevato. L'inchiesta verte sull'attribuzione del dipinto all'autore Rubens

Attribuire la paternità di un dipinto ad un artista famoso può aumentarne a dismisura il valore, da qualche decina di migliaia di euro a milioni. Se viene fatto in qualche modo 'furbo', si commette un reato. La Procura di Genova, nei giorni scorsi, ha ipotizzato che qualcosa del genere potrebbe essere avvenuto, mettendo sotto inchiesta 4 persone per esportazione illecita e autoriciclaggio. Il quadro in questione è il 'Cristo risorto appare alla Madre' del pittore fiammingo Rubens, opera che era in esposizione al Palazzo Ducale di Genova fino a qualche giorno fa, prima di essere sequestrato dai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. E' notizia di oggi, come riporta GenovaToday, che negli accertamenti degli inquirenti figura anche la Soprintendenza di Pisa. Fu l'ente pisano, si legge nelle ricostruzioni, che rilasciò la certificazione per l'esportazione del dipinto. 

La serie di passaggi, via via tracciati dai militari, inizia con i primi proprietari, gli eredi di una nobile famiglia di Genova. Questi si erano rivolti ad un mercante d'arte per vendere il dipinto e questi, sapendo la reale attribuzione, era poi riuscito a cederlo, nel 2012, a due degli indagati per 350mila euro. I due mercanti hanno fatto restaurare l'opera nel 2014, facendo emergere una seconda figura di donna e facendo uscire il dipinto dall'Italia, dichiarando falsamente all'ufficio esportazione della Soprintendenza di Pisa che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25mila euro. Dopo una serie di passaggi a società estere, create da un commercialista e dal figlio, anche loro indagati, il quadro è stato prestato per la mostra di Genova, secondo gli inquirenti, "anche per certificarne la paternità di Rubens e aumentarne il valore". 

L'ufficio della Soprintendenza di Pisa, come detto, aveva rilasciato la certificazione per l'esportazione del dipinto. Da accertare secondo gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Eugenia Menichetti e dall'aggiunto Paolo D'Ovidio, i motivi per i quali i due mercanti d'arte indagati si sarebbero rivolti proprio all'ufficio pisano. Nel 2019 lo stesso ufficio esportazioni è stato chiuso dal ministero dei Beni culturali perché ci sarebbero state irregolarità nel rilascio di altre certificazioni di altre opere. 

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