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Cronaca Pratale / Via Mario Canavari

Pisa celebra il Giorno della memoria intitolando un'area verde a Raffaello Menasci

Medico pediatra e libro docente all'Università, nel 1943 fu deportato con tutta la famiglia ad Auschwitz

Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa giunsero nella città polacca di Auschwitz, scoprendo il vicino campo di concentramento e liberando i superstiti. A Pisa, in una giornata ricca di iniziative organizzate per ricordare la Shoah, il Comune e la Comunità Ebraica hanno celebrato la drammatica ricorrenza con l’intitolazione dello spazio verde tra via Canavari e via delle Trincere a Raffaello Menasci, medico pediatra e libero docente dell’Università di Pisa nato a Livorno nel 1896, che fu arrestato a Roma nel 1943 nella retata del ghetto e deportato, insieme a tutta la sua famiglia, nel campo di sterminio di Auschwitz, poi morto a Varsavia il 29 febbraio 1944.

Una cerimonia sentita, a cui hanno partecipato anche i parenti di Menasci, alla presenza del sindaco di Pisa Michele Conti, del vicesindaco Raffaella Bonsangue, del presidente della Comunità Ebraica Maurizio Gabbrielli, del prorettore ai rapporti con il territorio dell’Università di Pisa, Marco Macchia, della rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna Sabina Nuti insieme alla prorettrice vicaria, Arianna Menciassi, del prefetto Maria Luisa D’Alessandro, del presidente della Provincia Massimiliano Angori, del presidente del Consiglio comunale Alessandro Gennai, insieme a membri della giunta comunale, consiglieri comunali, rappresentati delle forze dell’ordine e militari, e rappresentanti dell’associazionismo cittadino.

Al termine degli interventi Roberto Menasci, presente alla cerimonia insieme alle figlie Letizia e Giulia, ha letto una poesia scritta dal padre Renato Menasci, dal titolo 'Roma città aperta' in ricordo dell’arresto a Roma di Raffaello e della sua famiglia, il figlio dodicenne insieme all’anziano padre, entrambi di nome Enrico, e della successiva deportazione a Auschwitz, da cui nessuno di loro fece ritorno. A fianco del cartello che intitola l’area verde a Raffaello Menasci, l’amministrazione ha messo a dimora un albero di melograno che, nella cultura ebraica, rappresenta un simbolo di onestà, correttezza e giustizia dato che conterrebbe 613 semi che corrispondono ai 613 comandamenti della Torah.

Queste le parole del sindaco Michele Conti a introduzione della cerimonia di intitolazione: "Quest’anno possiamo tornare a celebrare il Giorno della Memoria, dopo gli anni della pandemia che ci hanno costretti a ridurre molte delle iniziative in presenza. Non abbiamo tuttavia mai smesso di ricordare. Ma certamente non abbiamo potuto farlo, per ragioni di sicurezza, in modo ampio e articolato come invece è doveroso e come quest’anno possiamo fare. Infatti, nonostante le difficoltà, anche negli anni 2021 e 2022 abbiamo mantenuto fede ai nostri impegni istituzionali e civili e il Consiglio comunale ha avuto modo di confrontarsi sul tema che la Giornata della Memoria pone a ognuno di noi, quello del ricordo delle vittime della Shoah e del coltivare una memoria collettiva condivisa da trasmettere alle future generazioni. Perché certi fatti non accadano mai più".

"Oggi le nubi di inquietudine che hanno avvolto le nostre vite negli anni scorsi non sono ancora del tutto diradate e, accanto a una pandemia non ancora del tutto debellata e sconfitta, causa di tanti lutti e sofferenze, si è affiancata da quasi un anno ormai una guerra alle porte dell’Europa imprevista, devastante e dagli esiti purtroppo ancora imprevedibili. La storia insegna quanto la guerra sia generatrice di dolori, di ingiustizie e di soprusi, soprattutto verso le persone più esposte e deboli, donne, bambini, vecchi.  Nessuno fino allo scorso anno poteva immaginare che a poche migliaia di chilometri da noi si tornasse a morire per difendere la propria casa da nemici invasori. Ma non dobbiamo perdere la fiducia e la ferma convinzione, sedimentata in otto decenni di pace, che i problemi non si risolvono con le guerre bensì con il dialogo e il riconoscimento reciproco. Spetta agli organismi internazionali, ai governi nazionali, ma anche alle istituzioni locali, alle agenzie formative, al mondo della cultura, della comunicazione, lavorare per favorire ovunque e sempre il dialogo e il confronto, per coltivare ancora più convintamente la memoria perché appunto certi fatti non accadano mai più".

"In questa vigilia di 27 gennaio abbiamo tutti letto la senatrice Liliana Segre, nostra cittadina onoraria dal 2019, dire di 'temere che le iniziative in ricordo della Shoah finiscano per essere considerate noiose o che quanto accaduto venga presto dimenticato'. Un rischio possibile ma, appunto, spetta a noi tutti lavorare ogni giorno perché non accada mai più quello che è accaduto e perché quell’insegnamento finisca per far parte del nostro stesso DNA di donne e uomini del presente e del futuro. Iniziative come quella di oggi per celebrarne il ricordo devono dunque essere il momento culminante ma non unico. Il Comune di Pisa, è mia ferma convinzione, saprà sempre celebrare nel modo migliore possibile questa ricorrenza, perché la nostra comunità porta dentro di sé gli anticorpi necessari per testimoniare quello che è successo. Sappiamo che proprio a San Rossore, il re Vittorio Emanuele III firmò le leggi razziali che, tra le tante spregevoli conseguenze, comportarono l’espulsione dai luoghi di lavoro pubblici, dagli atenei e dalle scuole, di studenti e docenti ebrei. Ovvero bravi cittadini italiani si ritrovarono, a causa della loro religione, a subire una discriminazione che li privava del lavoro e del diritto di studiare".

"Anche a Pisa, purtroppo, si manifestarono gli effetti di tali nefandezze. Solo nel nostro Ateneo, all’epoca il più frequentato in Italia dopo Bologna, furono circa 290 gli studenti espulsi e 20 i professori universitari costretti a lasciare il lavoro. Tra questi Raffaello Menasci, medico pediatra, che fu arrestato a Roma nel 1943 nella retata del ghetto e deportato, insieme a tutta la sua famiglia, nel campo di sterminio di Auschwitz, poi morto a Varsavia il 29 febbraio 1944. A lui, al professore Raffaello Menasci, al ricordo del suo sacrificio e della sua famiglia, il Comune di Pisa in piena sintonia con la Comunità ebraica pisana, vuole oggi rendere omaggio con la intitolazione di questa area a verde che abbiamo arricchito mettendo a dimora una pianta di melograno, tanto importante nella cultura ebraica da rappresentare il simbolo di onestà, correttezza e giustizia. Onestà, correttezza e giustizia che non vennero certo praticate all’epoca nei confronti del professor Menasci e di tanti come lui. E che certo non praticò il suo rettore, Giovanni d’Achiardi che anzi si rese protagonista zelante di quella 'pulizia' dell’Ateneo di recente emersa dalle pieghe della storia".

"Sappiamo come la città in questi anni abbia vissuto il dibattito pubblico intorno alla vicenda della intitolazione proprio a lui di una strada, qui accanto. Erano gli anni Sessanta del secolo scorso, c’era un commissario prefettizio e forse non fu messo al corrente della sua biografia completa. Nel tempo, intorno al suo nome vi sono state anche iniziative pubbliche e premi dedicati. Nessun sindaco o pubblico amministratore, né storico, in questi sessanta anni aveva mai sospettato nulla o sollevato dubbi. Poi, la scoperta di quanto commesso. E tutto quel che ne è conseguito, appunto, in termini di confronto e dibattito pubblico. Sono state spese molte parole, raccolte firme, e lo stesso Consiglio comunale, con le proprie sensibilità, si è confrontato sull’argomento. E voglio a questo punto ringraziare quanti si sono spesi per animare questo dibattito che ha confermato, qualora ce ne fosse bisogno, quanto nella nostra città siano vivi e vitali certi quegli anticorpi che impediscono al virus della barbarie, dell’antisemitismo e della inciviltà di attecchire e contagiare le nostre vite e la stessa vita democratica della Nazione".

"A questo punto era maturo il tempo perché l’amministrazione prendesse, in piena consapevolezza e serenità, la decisione che qualche giorno fa è stata comunicata: via D’Achiardi sarà presto cambiata in 'via Giusti tra le Nazioni', in memoria di coloro che hanno agito in modo eroico per salvare anche un solo ebreo dall’abisso della Shoah. Come già detto, il peso della burocrazia che dovranno sopportare i molti residenti per questo cambio di intitolazione saranno riequilibrate dal valore di un segnale così forte e necessario che la città di Pisa doveva alla sua storia e alla storia di questo Paese. Si tratta, infatti di una decisione che non significa certo 'cultura della cancellazione', tanto in voga in questa fase della storia occidentale, bensì un atto di restituzione di dignità e memoria a chi, innocente, venne sopraffatto fino alla morte dal tentativo del nazifascismo, per fortuna fallito, della cancellazione del ricordo suo, della sua famiglia e dell’intero popolo ebraico. Dunque, un giusto atto di riparazione nei suoi confronti e un altro passo verso quella memoria condivisa di questi fatti che non vogliamo nascondere ma anzi far conoscere alle nuove generazioni perché abbiano piena consapevolezza di 'quello che è stato'. Per questo sento di ringraziare a nome di tutta la comunità pisana i familiari di Raffaello Menasci per la loro presenza e per il contributo alla testimonianza di questa giornata".

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